Non servono annunci ufficiali per capire quando un rapporto è finito. Le parole di Conte parlano da sole. E il futuro sembra già altrove
A volte non serve una lettera d’addio, né una conferenza stampa col nodo alla gola. Basta una frase. Magari nemmeno troppo lunga. Basta quel tono, quel modo in cui le parole scivolano – e tagliano.
Antonio Conte non ha mai avuto problemi a dire le cose come stanno. Ma quando decide di farlo con misura, pesando ogni sillaba, diventa ancora più evidente che qualcosa si è rotto. E non da ieri.
L’ultima uscita davanti ai microfoni è sembrata il classico momento in cui uno prova a non dirlo esplicitamente, ma lo lascia capire con una chiarezza quasi spietata. Come quando uno guarda l’altro e dice: “Non è colpa tua… sono io che sono cambiato”, ma in realtà sta intendendo l’esatto contrario. Ecco, siamo a quel punto lì.
“Sono state dette tante cose ad inizio d’anno da parte mia. Alcune posso confermarle, altre no”. Già qui si capisce l’aria che tira. Ma poi arriva il colpo vero: “Non rinnego niente, ma ti rendi conto di alcune situazioni. E non mi sento di confermare tutto quello che ho detto”.
Non è solo un’ammissione. È una chiusura del cerchio. È Conte che guarda in faccia il progetto e gli dice: “Ci ho creduto, ti ho creduto. Ma ora basta”. Perché se c’è una cosa che lo manda fuori dai gangheri è dover passare per bugiardo. Lui, che a Napoli ci ha messo la faccia, il carattere e un’idea chiara: trasformare il club in un punto d’arrivo, non più in una semplice vetrina. Ed è qui che casca l’asino.
Conte e le promesse disattese: il caso Kvaratskhelia pesa come un macigno
“Avevo detto che Napoli non doveva essere un club di passaggio – ha aggiunto Conte – Non vorrei passare per bugiardo su cose disattese”. Il riferimento è chiaro e Conte fa anche il nome: il caso Kvaratskhelia, la sua cessione improvvisa, alle parole mai digerite, a quell’equilibrio perso sul più bello.
Per Conte, quella vicenda è stata la linea di confine. Il momento esatto in cui ha capito che certe cose, in questa città, non si possono fare. Che ci sono dinamiche più grandi, che superano anche la buona volontà, la competenza, il sacrificio.
In otto mesi ha costruito tanto. Ha rilanciato una squadra che sembrava alla deriva. Ma ha anche scoperto che certi equilibri si reggono su promesse che, alla prova dei fatti, rischiano di diventare parole al vento.
E ora? Ora tutto lascia intendere che il futuro di Antonio Conte sia sempre meno legato a quello del Napoli. I segnali ci sono tutti. E non sono nemmeno più tanto velati. Non servono comunicati. L’impressione è che si stia già scrivendo il finale, e che sarà un finale senza clamori ma con poche, durissime righe a raccontare l’epilogo.
E mentre il club riflette, c’è chi osserva da lontano. Chi studia la situazione, come la Juventus, si lecca le dita. Perché quando uno così si avvicina al bivio, c’è sempre qualcuno pronto ad aspettarlo all’incrocio. E quel qualcuno, lo sappiamo, non è poi così lontano.