Milan, Conceicao e quel rimpianto con Fonseca: c’è un fattore eloquente di non poco conto

Sergio Conceiçao ha sostituito Paulo Fonseca sulla panchina del Milan a dicembre: un fattore chiaro che rende l’ex tecnico un rimpianto

Sergio Conceicao deluso a capo chino
Milan, Conceicao e quel rimpianto con Fonseca: c’è un fattore eloquente di non poco conto (Ansa Foto) – SerieAnews

Quando Paulo Fonseca ha lasciato il Milan, molti si aspettavano un salto di qualità. Con l’arrivo di Sérgio Conceição, la speranza era quella di un cambio di passo, magari anche sul piano caratteriale. E in effetti il tecnico portoghese ha debuttato col botto, portando a casa la Supercoppa Italiana.

Ma se andiamo oltre il trofeo e guardiamo da vicino i numeri, le differenze tra i due allenatori iniziano a raccontare una storia diversa. Entrambi si sono seduti sulla panchina del Milan per 24 partite, ma l’efficacia delle loro gestioni ha preso pieghe opposte. Fonseca ha chiuso con 12 vittorie, 6 pareggi e 6 sconfitte, per una media punti di 1.75.

Conceição, invece, si ferma a 11 vittorie, 5 pareggi e 8 sconfitte, scendendo a una media di 1.58 punti a gara. Ma i numeri da soli non bastano. Il Milan di Fonseca segnava di più (44 gol contro i 37 dell’era Conceição) e subiva anche meno (27 contro 30).

E soprattutto, sembrava in grado di proporre un calcio più incisivo: più dribbling riusciti (157 vs 140), più tiri in porta (92 contro 83), meno palloni persi (1684 contro 1781). Una squadra che, seppur con limiti, costruiva e provava ad imporsi. Al momento del suo addio, Fonseca aveva lasciato un Milan in corsa per gli ottavi di Champions dopo l’impresa di Madrid, e con uno storico successo nel derby.

Conceição invece, pur avendo vinto un trofeo, ha visto la squadra uscire ai playoff europei e scivolare al nono posto in Serie A. L’unica speranza resta la Coppa Italia, utile anche per strappare un pass per l’Europa League.

Scontri diretti e filosofia di gioco: chi ha inciso di più?

Uno degli aspetti più rivelatori del confronto riguarda i big match. Fonseca, su 7 scontri diretti in Serie A, ha ottenuto 6 punti: una vittoria, tre pareggi e tre sconfitte. Conceição, finora, ne ha collezionati appena 2: cinque sconfitte e due pareggi, e la sensazione che il Milan abbia spesso subito l’iniziativa avversaria.

Paulo Fonseca ai tempi del Milan
Scontri diretti e filosofia di gioco: chi ha inciso di più? (Ansa Foto) – SerieAnews

Un crollo soprattutto mentale, che si è riflesso anche nei dati offensivi, con meno occasioni create e una produzione di gioco più povera. Nonostante una sessione di mercato invernale molto più corposa – con gli arrivi di Gimenez, Joao Felix e Walker – la squadra non è mai riuscita a trovare un’identità solida.

Il Milan di Fonseca, pur con i suoi limiti, aveva quantomeno un’idea riconoscibile, mentre quello di Conceição si è spesso adattato all’avversario, perdendo personalità. Va detto, però, che il Milan con Conceição ha sollevato un trofeo – cosa che al predecessore non era riuscita – e ha ancora la chance di chiudere la stagione con una doppietta nazionale.

Sarebbe un modo per salvare il salvabile, ma anche per aggiustare una narrazione che altrimenti rischia di essere segnata dal rimpianto. Perché se è vero che le stagioni si giudicano alla fine, è altrettanto vero che i numeri – nel calcio – raramente mentono.

Milan, la differenza tra la squadra di Fonseca e quella di Conceicao

Guardando a come i due tecnici hanno gestito le rispettive rose, è evidente che Fonseca ha costruito qualcosa di più duraturo, lavorando con meno risorse e valorizzando giocatori chiave. Il suo Milan era un cantiere, ma dava segnali. Il Milan di Conceição ha avuto rinforzi importanti ma ha faticato a trovare una chimica.

Esultanza Milan
Milan, la differenza tra la squadra di Fonseca e quella di Conceicao (Ansa Foto) – SerieAnews

Ora tutto ruota intorno a una sola partita: la semifinale di ritorno in Coppa Italia contro l’Inter. Vincere quella sfida significherebbe tenere viva la stagione e salvare la faccia. Ma se non dovesse accadere, il bilancio sarebbe impietoso. E allora la domanda sorge spontanea: alla fine, chi ha davvero lasciato qualcosa al Milan?

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