C’è stato un giorno in cui una maglia ha fatto segnare un attaccante, esultare un presidente e vincere al Lotto. E Allegri, lì in mezzo, con un sorriso sornione
Ci sono storie che funzionano perché sembrano uscite da una commedia all’italiana. Di quelle in cui il destino, invece di affidarsi alla logica, si fa guidare da numeri, amuleti e piccoli rituali assurdi.
E ci sono protagonisti che, loro malgrado, ci finiscono dentro. Uno come Massimiliano Allegri, per esempio. Uno che nella vita ha sempre mostrato di avere i piedi per terra, ma che ogni tanto si è ritrovato a fare da spalla a personaggi che la terra non l’hanno mai guardata davvero.
A Cagliari, a un certo punto, successe qualcosa che andrebbe scolpito sulla pietra della scaramanzia calcistica. Ma per capirlo, bisogna prima entrare in un certo tipo di mentalità. Quella che ti fa credere che una maglia con un numero preciso possa cambiare il destino di una partita. O addirittura quello di un uomo.
Il protagonista, oltre ad Allegri, è un presidente che il calcio italiano conosce fin troppo bene: Massimo Cellino. Uno che ha fatto della scaramanzia una religione personale, col fervore di chi davvero ci vede un disegno nascosto nelle cifre. E tra tutti i numeri del mondo, il suo preferito era il 23. Perché? Mistero. Ma guai a contraddirlo.
Larrivey e la maglia numero 23: il genio scaramantico di Cellino
In rosa, all’epoca, c’era un attaccante argentino che non faceva esattamente della prolificità il suo tratto distintivo. Vi ricorderete di un certo Joaquín Larrivey, più noto per i suoi movimenti generosi che per la mira tanto da rendere grottesco quel soprannome di “El Bati” che si portava dietro.
Larrivey non segna neanche con le mani, tanto che Cellino, esasperato, pensa bene di dargli proprio la maglia numero 23. “Me lo ha chiesto lui, spontaneamente”, dice a un Allegri già conscio che si tratta di una bugia spudorata. Ma sa anche che, con gli scaramantici, l’importante non è la verità. È assecondare il rito. “Ottima notizia. Speriamo ci porti fortuna domenica”. Detto fatto!
Quel weekend si gioca Cagliari-Genoa. Risultato? 3-2 per i sardi. Larrivey segna. Proprio lui, col suo bel 23 stampato sulla schiena. Poi vanno in gol Matri, che porta il 32, e Conti, con la numero 5. Cellino, in preda a una trance mistica, somma i numeri dei marcatori. E li gioca al Lotto.
E vince.
Ora, a raccontarla così sembra una barzelletta. Ma è tutto vero. Allegri la rievoca con il suo classico tono neutro, tra il divertito e l’incredulo. “Io non sono scaramantico”, dice. E ci si può anche credere. Ma in quell’occasione, si comportò come il più navigato dei cabalisti. Perché in certi momenti, bisogna saper stare al gioco.
Cellino e i suoi “fratelli”: il calcio tra amuleti e riti bizzarri
La storia di Larrivey non è un caso isolato. Il calcio, dopotutto, è terreno fertile per la superstizione. C’è chi entra sempre con il piede destro, chi non cambia mai posto sul pullman, chi si taglia i capelli prima della partita. Blanc che bacia la testa di Barthez, Buffon che tocca i pali prima del fischio d’inizio. Mario Gomez smise di cantare l’inno perché ogni volta che lo faceva, la squadra perdeva.
Giovanni Trapattoni versava acqua santa, Bruno Pesaola faceva 500 km per recuperare un disco dimenticato. E chi se lo dimentica Raymond Domenech, che sceglieva la formazione in base all’oroscopo.
Poi ci sono i giocatori: Inzaghi coi biscotti Plasmon, Cruijff che sputava la gomma nella metà campo avversaria, Gary Lineker che si cambiava maglietta se non segnava. Kolo Touré doveva entrare per ultimo, anche a costo di far riprendere la partita in nove.
In mezzo a tutto questo, Allegri resta fedele a se stesso: concreto, ironico, un po’ sornione. Non è scaramantico, dice. Ma sa quando conviene lasciarsi trascinare nel gioco. E quel giorno a Cagliari, con un 23 cucito sulle spalle del destino, ha firmato una delle pagine più bizzarre e memorabili della sua carriera. E chissà se nella sua prossima avventura vivrà mai una storia simile a questa.
Perché in fondo, tra moduli e lavagne, il calcio è anche superstizione. E, ogni tanto, un colpo di fortuna ben camuffato.