Fabregas ne vorrebbe undici come lui. L’Inter lo osserva da lontano, pensando al futuro della sua squadra. Così Inzaghi può “dimenticare” Nico Paz
Si fa presto a dire futuro, ma costruirlo davvero è tutta un’altra storia. Soprattutto se ti chiami Inter e sei a un passo dalla seconda finale di Champions in tre anni. La tentazione di vivere alla giornata è forte, perché quando hai in squadra gente come Lautaro, Calhanoglu e Barella, puoi anche permetterti di goderti il presente.
Ma è proprio quando le cose vanno bene che bisogna avere il coraggio di guardare oltre. E Marotta, questo, lo sa da un pezzo. Il piano è chiaro: ringiovanire senza smantellare. Conservare l’anima esperta del gruppo, quella che ti tiene in piedi nei momenti pesanti, e iniziare a inserire alternative concrete, giocatori pronti a imparare oggi per essere protagonisti domani.
È una piccola rivoluzione silenziosa, che passa per reparti chiave e nomi ancora non da copertina. Uno dei reparti che avranno più bisogno di rinforzi è sicuramente il centrocampo. Calhanoglu ha ancora benzina, ma la soglia dei 31 è dietro l’angolo. E Mkhitaryan, che di anni ne ha 36, ha già fatto capire che potrebbe non esserci nella prossima stagione.
Il rischio è sottovalutare il momento. Ma l’Inter non lo fa. E allora da mesi si valutano profili in grado di dare subito una mano, ma soprattutto di portare freschezza e visione nuova. Non a caso piacciono da tempo due 2001 ben rodati nel nostro campionato: Frendrup, diga moderna del Genoa, e Samuele Ricci, cervello silenzioso del Torino.
E poi, sì, c’era anche un’idea più esotica. Più “Real”, per intenderci. Nico Paz era finito nei pensieri nerazzurri come possibile scommessa. Ma nelle ultime settimane qualcosa si è raffreddato, anche perché sembra sempre più probabile che o resta a Como o torna a Madrid da protagonista. Ma è proprio da lì che potrebbe arrivare un altro colpo, forse meno pubblicizzato ma altrettanto importante.
Inter, occhi su Da Cunha: il “nuovo Fabregas” cresciuto dal vecchio
Nel Como, infatti, c’è anche Lucas da Cunha. Francese con origini portoghesi, pure lui classe 2001, e con una traiettoria diversa. Era arrivato in Italia da trequartista, col piede buono e l’aria un po’ spaesata. Ma Fabregas, che di centrocampo qualcosa ha capito in carriera, ha visto lungo: lo ha trasformato in mezzala, uno di quelli che sanno accendere il gioco ma anche rincorrere l’avversario.
“Mi rivedo in lui”, ha detto una volta il tecnico spagnolo, e detto da uno come lui, non è una frase qualsiasi. “Parlo tanto con lui: c’è una crescita dietro che è importante. Per come vedo il calcio lui è centrocampista e ha ancora tanti margini”.
Ed è proprio su questi “margini” citati da Fabregas che va fatta una riflessione. In effetti da qualche settimana Lucas sta giocando un calcio pulito, dinamico, efficace. Sa quando rallentare e quando affondare, quando appoggiare e quando rischiare. Non a caso le big hanno cominciato ad accorgersi di lui. E l’Inter lo tiene d’occhio, perché il prezzo oggi è ancora umano, ma domani chissà.
Inserirlo nel motore nerazzurro, magari proprio a ridosso di Mkhitaryan, significherebbe dargli il tempo giusto. Niente luci troppo forti, ma nemmeno parcheggi inutili. Un anno per ambientarsi, poi si vedrà. Come già accaduto con altri, da Bastoni a Bisseck, passando per un certo Barella ai tempi del Cagliari.
Da Cunha sta diventando famoso ma non è ancora famosissimo, non come i suoi compagni in copertina. Non ha il profilo da hype social o da prima pagina. Ma in campo si fa sentire, eccome. E forse è proprio questo che serve davvero a chi vuole restare in alto: gente che parli con il pallone, non con l’algoritmo.