Nel caso scommesse spunta un sospetto anche su Dusan Vlahovic: cosa c’entra l’attaccante della Juventus nel caso che ha colpito il calcio italiano
Il calcio italiano è di nuovo sotto i riflettori per uno scandalo che ha scosso tifosi e addetti ai lavori: il caso scommesse che coinvolge nomi eccellenti della Serie A. Tra questi, spunta un riferimento inaspettato all’attaccante della Juventus, Dusan Vlahovic.
Ma cosa c’entra il bomber serbo con questa vicenda? Andiamo con ordine per capire cosa sta succedendo, senza lasciarci prendere dal sensazionalismo.
Il caso scommesse in Serie A: un terremoto nel calcio italiano
Negli ultimi mesi, l’inchiesta sulle scommesse illegali ha fatto parlare di sé. Tutto è iniziato con l’analisi dei telefoni di Nicolò Fagioli e Sandro Tonali, che hanno portato alla luce un sistema di puntate su piattaforme non autorizzate. La Procura di Milano, con un lavoro certosino, ha ricostruito un meccanismo oliato.
I debiti di gioco venivano saldati tramite bonifici mascherati da acquisti di lusso, spesso orologi Rolex, presso la gioielleria Elysium di Milano. Un giro con cifre che superano il milione e mezzo di euro, come confermato dal decreto di sequestro preventivo emesso nel 2025.
In questo contesto, il calcio italiano si è trovato a fare i conti con una realtà scomoda: non si parla di partite truccate, ma di scommesse su eventi sportivi e poker online, spesso per riempire il tempo libero durante i ritiri. Tuttavia, il nome di Vlahovic è emerso in modo inaspettato, suscitando curiosità e domande.
Dusan Vlahovic e i versamenti da 100.000 euro: acquisto o favore?
Nel decreto di sequestro, alla penultima pagina, compare un dettaglio che ha fatto drizzare le antenne a molti: Dusan Vlahovic ha effettuato due bonifici da 50.000 euro ciascuno alla gioielleria Elysium, per un totale di 100.000 euro. Secondo le carte, il pagamento sarebbe legato all’acquisto di un Rolex, avvenuto dopo il 24 maggio 2023, data del sequestro del telefono di Fagioli.
Qui nasce il dubbio: Vlahovic ha comprato davvero un orologio per sé, come farebbe chiunque con un debole per il lusso, oppure ha agito per aiutare un compagno in difficoltà, magari proprio Fagioli?
Le indagini sembrano propendere per la prima ipotesi. A differenza di altri nomi citati, Vlahovic non figura tra coloro che hanno prestato denaro a Fagioli per coprire i suoi debiti di gioco. Inoltre, non è indagato, un dettaglio non da poco che lo tiene lontano dal cuore della bufera. Ma il solo fatto che il suo nome sia saltato fuori ha acceso i riflettori su di lui, alimentando discussioni tra i tifosi bianconeri e non solo. Come dire, nel calcio italiano basta un sussurro per scatenare una tempesta.
Gioielleria Elysium: il ruolo centrale nel sistema delle scommesse
Per capire il contesto, dobbiamo soffermarci sulla gioielleria Elysium, un nome che ricorre con insistenza negli atti dell’inchiesta. Situata a Milano, questa boutique di lusso non era solo un negozio di orologi e preziosi, ma, secondo gli inquirenti, una sorta di “banca” per il sistema delle scommesse.
I calciatori, indebitati con i gestori delle piattaforme illegali, venivano indirizzati qui per saldare i conti. Come? Simulando acquisti di Rolex o altri oggetti di valore, con bonifici tracciabili che nascondevano il vero scopo: ripianare le perdite al gioco.
Un esempio eclatante è Nicolò Fagioli, che avrebbe versato quasi 700.000 euro alla Elysium, lasciando addirittura la sua carta di credito in cassaforte per pagamenti futuri. Altri, come Alessandro Florenzi, hanno dichiarato di aver effettuato bonifici senza mai ritirare gli orologi. In questo scenario, i 100.000 euro di Vlahovic sembrano un’anomalia: un acquisto reale, forse, in un contesto dove tutto appare fittizio. Ma la verità, come spesso accade, è sfuggente, e solo le indagini potranno chiarire ogni dubbio.
Nel frattempo, il caso continua a tenere banco. La Procura Figc ha chiesto gli atti per valutare eventuali sanzioni sportive, anche se al momento non emergono prove di scommesse su partite di calcio. Per Vlahovic, il rischio sembra minimo, ma la vicenda è un monito: nel mondo del calcio, anche un gesto apparentemente innocuo può finire sotto la lente d’ingrandimento.