Non sempre per tornare serve una panchina importante: per Mancini la strada passa là dove il cuore batte più forte della carriera
A volte ritornano. E non sempre dal portone principale, con la fanfara e il tappeto rosso. Ci sono ritorni che si insinuano piano, quasi sottovoce. Che non fanno rumore ma lasciano il segno. Perché hanno il profumo delle origini, quello che non si dimentica.
E in certi casi, anche se la carriera ti ha portato ovunque, da Manchester a Istanbul, da Roma fino al deserto saudita, è proprio lì che vuoi tornare: a casa.
Il nome di Roberto Mancini negli ultimi mesi è stato accostato a tante panchine illustri. Si è parlato di lui per la Roma, quando la confusione era ancora sovrana. Poi è stato il turno del Milan, in cerca di un’anima tecnica per un progetto che stentava a definirsi.
Infine la Juventus, con tanto di incontro reale con la dirigenza e possibilità concreta, prima che Igor Tudor mettesse tutti in fila e firmasse. Tante voci, tanti “forse”. Ma nessun sì.
E ora, quando sembrava che il telefono avesse smesso di squillare, è arrivata una proposta che non è da prima pagina. Ma che ha un sapore diverso.
La Sampdoria, oggi, è un’ombra sbiadita del club che fu. I fasti degli anni ’90 sono un ricordo sbiadito, e il presente parla di crisi profonda, esoneri, classifica che fa paura. Leonardo Semplici è stato appena esonerato (insieme al ds Accardi, ndr), e il rischio di scivolare in Serie C è tutt’altro che remoto.
Ma proprio nel momento più buio, la dirigenza ha messo sul tavolo un piano audace. Non il solito traghettatore, non il colpo mediatico fine a sé stesso. Una vera e propria rifondazione, con Mancini al centro del progetto.
Secondo le ultime indiscrezioni, l’ex CT dovrebbe assumere il ruolo di direttore dell’area tecnica, con pieni poteri su scelte strategiche, gestione sportiva e rilancio del club. Un ruolo dietro la scrivania, sì, ma con una visione ampia e ambiziosa. Non da comparsa, ma da regista.
Ma il punto davvero interessante è un altro: non sarà solo. Al suo fianco, secondo quanto filtra, ci saranno Andrea Mancini, suo figlio, e Giovanni Invernizzi, ex compagno blucerchiato. E poi ancora: Alberigo Evani, in pole per la panchina – e pare abbia superato in extremis Beppe Iachini – e Attilio Lombardo, in lizza come vice.
Una reunion più che uno staff. Gente che con quella maglia ha scritto pagine vere. Non per nostalgia, ma per ricominciare da chi conosce a memoria l’identità della Doria. Da chi può trasmettere qualcosa che non si compra: l’appartenenza.
I condizionali restano d’obbligo. Mancini, infatti, non ha ancora detto sì. Sta riflettendo, come è nel suo stile. Non ama le scelte di pancia, anche se questa – diciamolo – il cuore lo stuzzica eccome.
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