Una storia che volge al termine, un discepolo che si fa avanti: e se fosse proprio lui l’erede naturale del ciclo di Gasperini?
C’è qualcosa di struggente nel vedere una storia finire dopo così tanta felicità. Non serve un tonfo fragoroso, basta una crepa. Un dettaglio stonato. Un’ultima sinfonia che, più che un addio, sa di stanchezza. È quello che sta accadendo all’Atalanta di Gasperini, che forse ha davvero imboccato il viale del tramonto.
Non tanto per il ko con la Fiorentina in sé, quanto per l’impressione che ha lasciato: quella di una squadra che ha finito le parole, prima ancora delle energie. Un gruppo che ha dato tutto, ha osato, ha sorpreso. Ma che oggi sembra più impaurito che ispirato.
I bergamaschi non sono crollati: sono semplicemente scivolati. Ma nel momento peggiore. Mentre i sogni di scudetto evaporavano, quelli della Champions League si stanno accartocciando come carta bagnata. E ora, tra Roma, Juventus, Bologna e chi più ne ha, la concorrenza ringhia.
Certo, perdere contro l’Inter a San Siro ci può stare. Ma è la sconfitta con la Fiorentina che ha lasciato davvero il segno. Non solo per il risultato, ma per l’inerzia emotiva. È come se qualcosa si fosse rotto per davvero.
Gasperini, che ha sempre fatto della fame la sua bandiera, ora si ritrova a gestire un gruppo che sembra sazio. E lui, da navigatore esperto, lo ha capito prima degli altri: l’impressione è che il suo addio a fine stagione diventi un’ipotesi sempre più concreta. Forse già scritta, e forse proprio alla Roma nonostante le smentite di Ranieri.
E allora, il punto non è solo “se”, ma “come” andare avanti. Perché rimpiazzare un’icona non è mai semplice. Farlo senza smarrire la propria identità, lo è ancora meno.
Palladino e l’Atalanta, le strade si incrociano? Può essere lui il dopo Gasperini
E qui succede qualcosa di curioso. Perché Fiorentina-Atalanta è stata anche – forse soprattutto – la sfida tra maestro e allievo. Con quest’ultimo che, per la prima volta, ha avuto la meglio.
Raffaele Palladino ha battuto il suo ispiratore con un gioco brillante e una Fiorentina finalmente convincente. Una squadra capace, nel corso della stagione, di mettere sotto tutte le prime sette della classifica, fatta eccezione per il Napoli.
Ma c’è una strana dissonanza, a Firenze. Perché nonostante i risultati, l’ex Monza non sembra aver mai conquistato davvero il cuore dello spogliatoio, né quello dei piani alti. Le voci raccontano di rapporti freddi, di un feeling mai sbocciato del tutto. E il futuro, a questo punto, appare tutt’altro che scontato.
L’Atalanta osserva. Valuta. E, forse, prepara il terreno. Si valuta anche Thiago Motta, è vero. Ma l’ex Juve ha un’impronta più ibrida, meno aderente alla filosofia di Gasp. Palladino invece è lì, sullo sfondo, ma sempre più a fuoco. Porta in dote una visione moderna, ma già plasmata su principi gasperiniani: intensità, aggressione alta, fluidità. E ha l’età – e la fame – per accettare una sfida così importante.
In un mondo ideale, sembrerebbe la transizione perfetta. Non rivoluzionaria, ma evolutiva. Un passaggio di testimone naturale, come avviene tra chi si riconosce nello stesso alfabeto calcistico. Solo scritto con una penna diversa.