Zlatan Ibrahimovic torna a Milanello dopo settimane di assenza. Possibile un nuovo ruolo con responsabilità diverse da quello precedente
Ci sono assenze che pesano più di tante parole. Quella di Zlatan Ibrahimovic, per esempio, è stata una di quelle che non hanno bisogno di essere spiegate: si avverte, si percepisce. E nel caso del Milan, è bastato uno sguardo al campo d’allenamento di Milanello, rimasto per giorni senza la sua figura inconfondibile, per far scattare una domanda tra i più attenti: dove si è cacciato?
Perché lo svedese non è certo tipo da passare inosservato, nemmeno quando cerca di farlo. E la sua assenza – durata circa tre settimane – è coincisa con un momento delicatissimo: quello in cui il club stava portando avanti la scelta del nuovo direttore sportivo, una pedina chiave per il futuro dell’area tecnica rossonera.
In quel periodo, mentre si affacciavano nomi come Fabio Paratici, Tony D’Amico e soprattutto Igli Tare, proprio su quest’ultimo sembrava puntare forte Ibrahimovic. Tare avrebbe potuto rappresentare l’uomo giusto per riportare al Milan una certa grinta, anche politica, sul mercato. E invece, piano piano, quella pista si è raffreddata.
E Zlatan? Fuori scena. Non un commento, non una presenza in pubblico. Nessun comunicato. Un’assenza che qualcuno ha imputato a un malanno stagionale, ma che a molti è sembrata piuttosto una presa di distanza, una pausa silenziosa mentre il club prendeva altre strade.
Il ritorno a Milanello di Ibra significa molto: quale sarà il suo futuro?
Poi, come spesso accade con Ibrahimovic, quando si dà per scontato il suo allontanamento, ecco che ricompare. E lo fa a modo suo, con un gesto semplice ma dal significato profondo: si presenta a Milanello, assiste all’allenamento della squadra, parla con qualcuno, incrocia gli sguardi di tutti.
Un ritorno quasi teatrale nella sua essenzialità, a due giorni da un Milan-Napoli che può valere mezza stagione. Non è un ritorno a caso. È un messaggio. Anzi, più di uno: sono ancora qui. E no, non me ne vado. Anche perché, appare ovvio, se Ibra avesse deciso di lasciare il Milan questo ritorno non ci sarebbe mai stato e si sarebbe consumata direttamente una separazione. E invece no.
Il ritorno di Ibrahimovic in orbita RedBird e Milan potrebbe però segnare un cambio di rotta rispetto al suo primo periodo da senior advisor. Niente più poteri operativi reali, niente più ruolo da dirigente “decisionista” – che, a dirla tutta, gli era stato affibbiato più per emergenza che per disegno strategico.
In questa nuova fase, Zlatan potrebbe evolvere in qualcosa di diverso: una figura di rappresentanza forte, un ponte tra dirigenza e squadra, un’icona sempre presente ma meno coinvolta nei tavoli dove si firma e si decide. Un po’ un ritorno a quello che doveva essere il suo ruolo iniziale, in sostanza.
Una sorta di ministro senza portafoglio, per usare un’immagine calzante. Senza budget, senza firma, ma con la faccia e la voce giuste nei momenti che contano. In panchina durante le gare europee, nel tunnel prima di un big match, o magari a cena con qualche talento che il Milan vuole convincere a firmare. Più carisma che calcoli. Più impatto emotivo che operativo. Perché in fondo è questo l’equilibrio che il club sta cercando: efficienza e identità, numeri e cuore.