Sembrava tutto fatto per Mancini, invece la Juventus ha scelto Tudor. Una storia di decisioni, retroscena e un cambio di rotta che può sorprendere
In casa Juventus, a volte, le scelte che sembrano le più logiche si trasformano in qualcosa di diverso da un momento all’altro. D’altra parte è successo anche con Thiago Motta: confermato da Giuntoli in tv a fine partita, esonerato dopo una settimana di sosta, prima ancora dell’ultimo appello col Genoa. Segno del caos che in questo momento regna sovrano a Torino.
Adesso è anche ufficiale: Igor Tudor è il nuovo allenatore della Juventus. Da qualche minuto è arrivata l’ufficialità dell’esonero di Thiago Motta e l’ingaggio del nuovo tecnico: “Igor Tudor è il nuovo allenatore della Prima Squadra Maschile. Bentornato, Igor!”. Questo il comunicato del club bianconero, unito ai ringraziamenti per Motta.
Lo stesso caos che ha imperato anche nella scelta dell’erede di Motta. Ve l’abbiamo raccontato in questi giorni a più riprese: per giorni il nome di Roberto Mancini è stato il più caldo tra le mura di Continassa.
Un allenatore con pedigree, esperienza internazionale e un legame personale con i colori bianconeri, che pochi ricordavano: da ragazzino tifava Juve e aveva come idolo Roberto Bettega.
I contatti erano andati oltre le semplici chiacchiere. Giuntoli lo aveva individuato come il candidato perfetto, Chiellini ne aveva appoggiato l’ingaggio e persino Elkann si era speso in prima persona per ascoltarne le intenzioni. Mancini aveva dato disponibilità, accettando la proposta di sedersi subito in panchina, a patto che nel contratto ci fosse anche l’anno successivo.
Un dettaglio che sembrava facilmente superabile. C’è stato anche un incontro fra Mancini e la dirigenza bianconera, da noi annunciato in anteprima lo scorso 19 marzo. Eppure, qualcosa ha inceppato un meccanismo che pareva già ben oliato.
A ricostruire quanto accaduto è stato Ilario Di Giovanbattista, direttore di Radio Radio. L’accordo con Mancini di fatto era chiuso. Il sì dell’allenatore c’era, così come il gradimento della dirigenza. Ma dopo quell’intesa verbale, i segnali che sono arrivati dall’ambiente bianconero sono stati tutto tranne che incoraggianti.
Secondo quanto riportato da Di Giovanbattista, la comunicazione interna alla Juventus e i feedback provenienti dai social network hanno spinto la società a riflettere. Una fetta consistente di tifosi non avrebbe accolto Mancini a braccia aperte, complici i suoi trascorsi all’Inter e alcune scelte passate che avevano lasciato cicatrici aperte.
In un momento già complicato, con la qualificazione alla prossima Champions League ancora in discussione, la dirigenza ha ritenuto troppo rischioso ingaggiare un allenatore che avrebbe potuto spaccare la tifoseria. Il timore era che, in caso di risultati negativi, il malcontento potesse esplodere, trasformando l’avventura di Mancini in un boomerang difficile da gestire.
Anche per questo la scelta si è poi dirottata su Igor Tudor, nome della primissima ora (Enrico Camelio ne aveva parlato già il 9 marzo, dopo lo 0-4 con l’Atalanta) che poi era finito un po’ defilato sia per l’indisponibilità a fare da traghettatore sia per la virata netta su Mancini.
Tudor è stato visto fin da subito come una soluzione più semplice e funzionale. È un volto conosciuto, ha già vestito la maglia bianconera da giocatore e gode di una buona considerazione tra i tifosi. Non solo: il suo profilo tecnico, costruito tra Verona, Marsiglia e Lazio, lo ha reso un candidato credibile anche per trovare concretezza e personalità in panchina.
Il suo stile di gioco aggressivo e verticale è qualcosa che può riaccendere la squadra in breve tempo. E anche se l’obiettivo dichiarato resta la qualificazione in Champions League, la società guarda già al Mondiale per Club 2025, una vetrina in cui i bianconeri vogliono recitare un ruolo da protagonisti.
In fondo, per il club bianconero si tratta di una scelta pragmatica. Meno rischi, più sostanza.
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