Una notte da dimenticare per la Roma, che si ritrova fuori dall’Europa League nel momento migliore. Ma a chi spetta davvero il peso di questa sconfitta?
Succede sempre così. C’è una sera in cui capisci che è finita. Ti guardi intorno e lo vedi negli occhi di chi ti sta accanto, nei messaggi che ti arrivano sul telefono, nei cori che diventano più silenzi che parole.
È la sera in cui la Roma si ferma. Non perché non ci abbia provato, ma perché qualcosa si è rotto. E no, non è stato un crollo fragoroso, di quelli che ti lasciano a bocca aperta. È stata un’eliminazione lenta, quasi silenziosa. Ma non per questo meno dolorosa.
Era il momento in cui tutto sembrava incastrarsi. Claudio Ranieri ha rimesso insieme i pezzi di una squadra che aveva vissuto mesi complicati, tra cambi di allenatore e prestazioni che definire altalenanti sarebbe gentile. E invece, ecco che la Europa League diventa il faro da seguire, il modo per salvare la stagione, per dare un senso a quei pomeriggi in cui l’Olimpico sembrava un teatro con il sipario già calato.
La partita d’andata contro l’Athletic Bilbao aveva dato segnali incoraggianti. Nonostante le difficoltà, si era visto qualcosa di importante: la squadra c’era, la testa anche. Ma San Mamés è un posto in cui o sei perfetto o ti ritrovi a raccogliere palloni nella tua porta.
Ed è andata così. Dopo dieci minuti, un episodio ha spaccato la partita. Un fallo, un cartellino rosso, e tutto il resto si è spento. Da lì in poi, la Roma ha lottato, sì, ma è stata una di quelle battaglie in cui sai già che finirai a terra.
E adesso? Adesso si guarda indietro. Si cercano risposte. Si prova a capire dove tutto sia finito storto. Perché la squadra ci ha provato, e non è sembrata inferiore. Ma il conto lo paga uno solo. E il nome è sempre quello che nessuno vuole pronunciare subito, ma che poi rimbalza ovunque: Mats Hummels.
Hummels capro espiatorio: i tifosi quel rosso non lo perdonano
È stato lui. Il tackle troppo duro, il cartellino rosso, la corsa verso gli spogliatoi mentre i compagni provavano a tenere alta la testa. E anche se le immagini mostrano che il pallone in realtà lo prende pure, il gesto resta. Resta quella scivolata scomposta, resta quell’ingenuità che a trentasei anni non ti aspetti, specialmente da uno che ha giocato finali mondiali e Champions League.
Eppure, a modo suo, era già tutto scritto. Ranieri lo aveva già messo da parte, relegandolo a riserva dietro a Mancini e Ndicka. Le voci su un suo possibile ritiro a fine stagione si rincorrono, e in campo si vede ormai un giocatore scollegato, distante. Non più il gigante elegante che aveva entusiasmato al suo arrivo in giallorosso ma un centrale ormai stanco, che fatica a tenere il passo.
I tifosi della Roma non sono famosi per le mezze misure. E dopo la serata di Bilbao, sui social si è scatenata la caccia al colpevole. Non c’è bisogno di cercare molto: i post che lo accusano di aver compromesso la qualificazione si moltiplicano, mentre qualcuno arriva persino a dare ragione a Juric, che mesi fa aveva deciso di lasciarlo fuori. Allora sembrava una follia, oggi qualcuno dice che forse ci aveva visto lungo.
Ma Hummels non è solo un simbolo di questa eliminazione. È diventato, suo malgrado, il manifesto di una stagione in cui la Roma ha provato a ricostruirsi, senza però riuscire mai davvero a rimettere insieme i pezzi. Nel post partita ha anche provato anche a chiedere perdono con un tweet disperato, ma non basterà.
I am sorry @OfficialASRoma . I want to apologize to our fans and my teammates. I let everyone down today with a mistake that was simply stupid and horrendous. These games used to be the games my team could rely on me, now i fu**** up and cost the whole club the dream of winning…
— Mats Hummels (@matshummels) March 13, 2025
Ora, l’addio di Hummels alla Roma è solo una formalità. Non c’è più spazio per lui, né sul campo né nei cuori dei tifosi. Il suo nome resta inciso nella memoria di questa eliminazione. Non per le sue giocate, ma per quell’ultima scivolata.