Un suo gol decise una finale Mondiale, adesso in un post social apre un baratro sulla depressione. E dice: “Dovremmo ispirarci a Chiellini”
C’è un momento, nella carriera di ogni calciatore, in cui il tempo si ferma. Per Mario Götze quel momento ha un nome preciso: il 113° minuto della finale Mondiale del 2014. Un attimo eterno, che lo ha trasformato in una leggenda con quel gol che ha consegnato la coppa alla Germania.
Da allora, però, la vita del “ragazzo d’oro” non è stata solo riflettori e applausi. Anzi. Oggi, a distanza di anni, Götze si racconta senza filtri in un post su LinkedIn, e lo fa con parole che fanno riflettere, accennando alla depressione e al vuoto che molti calciatori vivono dopo il ritiro.
“Molti calciatori vivono in una bolla, devi trovare un modo per rimanere con i piedi per terra”, scrive Götze. Parole che pesano, se a pronunciarle è uno che ha toccato il cielo con un dito e poi è sprofondato nelle difficoltà fisiche e psicologiche. Ma nel suo post c’è anche una luce, un modello a cui guardare: Giorgio Chiellini, il “professore” del calcio italiano, capace di trasformare una carriera sportiva in un percorso di crescita personale e professionale.
Chiellini, per Götze, è un esempio di come si possa evitare di cadere nel “buco nero” del post-carriera. “Le sue parole hanno un significato molto vero”, scrive l’attuale fantasista dell’Eintracht Francoforte, che non nasconde di ammirare la scelta di Chiellini di investire nella formazione accademica mentre giocava ancora ad altissimi livelli.
Laureato in economia e commercio all’Università di Torino, con una magistrale in business administration, l’ex capitano della Juventus è riuscito a reinventarsi dopo il calcio, come aveva già previsto, trovando una nuova dimensione professionale come Head of Football Institutional Relations alla Juventus.
Per Götze, questo approccio è esattamente ciò che manca a tanti altri colleghi: “La cosa più importante quando appendi le scarpe è evitare di cadere nell’abisso. Serve trovare un’occupazione, anche per aiutare la psiche”.
E qui, Götze tocca una delle questioni più delicate e meno raccontate nel mondo del calcio: la depressione post-ritiro. Un tema di cui si parla ancora troppo poco, nonostante storie dolorose come quelle di campioni che, una volta fuori dal campo, faticano a ritrovare un senso di appartenenza e cadono in spirali pericolose.
Eppure, ci sono modelli positivi. Götze cita anche personaggi come Serena Williams, Kevin Durant e David Beckham, capaci di reinventarsi con successo. Ma è Chiellini il riferimento più diretto: perché non si tratta solo di business, ma di un’evoluzione umana. Una capacità di non fermarsi al primo traguardo, ma di puntare sempre più in alto, cercando nuove sfide.
Certo, leggere Mario Götze che si racconta su LinkedIn potrebbe sorprendere qualcuno. Non capita spesso di vedere un calciatore aprirsi in questo modo, mettendo a nudo paure e fragilità. Ma forse è proprio questo il punto: rompere il muro del silenzio. Far capire che dietro ogni successo c’è anche una fatica, un equilibrio da mantenere, soprattutto quando i riflettori si spengono.
Il suo messaggio è chiaro: “Bisogna costruirsi un futuro mentre si è ancora in campo, per non trovarsi poi disorientati”. E in fondo, Chiellini non è solo un grande difensore, ma un esempio vivente che il talento, da solo, non basta. Serve anche testa, coraggio e una buona dose di umiltà per rimettersi in gioco.
Forse, che il vero successo non è solo vincere un Mondiale o una Champions, ma saper affrontare la vita quando il gioco finisce. La domanda, allora, è: quanti altri calciatori seguiranno l’esempio di Chiellini? Quanti sapranno trasformare l’addio al calcio in una nuova partenza?
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