Rudi Garcia non le manda a dire a De Laurentiis e Mazzarri, ma il suo discorso presenta falle concettuali e sviste clamorose. Ma un po’ di autocritica no?
C’è qualcosa di affascinante nel vedere un allenatore esonerato che, invece di un elegante “no comment”, decide di trasformare un podcast in un ring di boxe. È esattamente quello che ha fatto Rudi Garcia, l’ex tecnico del Napoli, che ha tirato fendenti a destra e a manca contro Aurelio De Laurentiis e Walter Mazzarri.
Non si tiene nulla Rudi Garcia nell’intervista concessa al media Carré di Raphael Domenach, ricordando la sua breve esperienza al Napoli. Ma ascoltando bene il suo sfogo al vetriolo, non possiamo non notare alcune crepe concettuali piuttosto evidenti.
Le bordate forti sono contro il presidente Aurelio De Laurentiis: “All’inizio pensavo di avere a che fare con un gentleman, invece si è rivelato qualcuno che si immischia in cose che non gli competono. Ho pagato il fatto di avergli detto di rimanere al suo posto. De Laurentiis è uno che capisce di cinema, ma non molto di calcio”. E poi addirittura gli insulti: “Il vero coup de théâtre sarebbe stato quello di tenermi e forse si sarebbe qualificato per la Champions, invece di finire decimo. Magari ha detto quelle cose perché si è reso conto di essere stato un po’ cogl.., e per coprire certi errori strategici”.
Ma non basta, ci sono anche il ds e i calciatori: “Quando arrivai tutti volevano andarsene, e si lamentavano di essere pagati poco – aggiunge Garcia-. Quindi ho lavorato per rimotivare l’ambiente. Il ds Giuntoli se n’era andato e nessuno interveniva quando per esempio Osimhen o Kvaratskhelia non accettavano di essere sostituiti. Inconsciamente i giocatori pensavano di rifare esattamente come l’anno prima: non funziona così“. Insomma, quello che è successo è stato colpa di tutti. L’unica persona che Garcia sembra clamorosamente dimenticare nell’elenco dei colpevoli è lui stesso, che a Napoli viene ricordato come una sciagura con buona pace di quei (pochissimi) “nostalgici” che lo paragonano a Mazzarri.
Ecco, Mazzarri. Un altro destinatario degli strali dell’incolpevole Garcia, reo probabilmente di averlo sostituito senza suggerire a De Laurentiis di tenerlo: “Non ha classe e non mi ha mai ringraziato dei punti che gli ho lasciato, e del fatto che gli sarebbe bastato vincere una partita per qualificarsi per gli ottavi di Champions. Ha fatto un’intervista, mentre ero ancora in carica, per spiegare come avrebbe fatto giocare la squadra. Quello che mi consola è che ancora oggi c’è chi mi scrive ricordandomi che il tempo è gentiluomo”. Ci viene da pensare che questi (presunti) che gli scrivono non fossero presenti al Maradona il giorno di Napoli-Empoli.
Ma non scendiamo al livello del rude Rudi e proviamo a confutare le sue parole sulla base dei numeri. Lui parla di 21 punti, ma andiamoli ad analizzare quei 21 punti, al netto delle narrazioni e degli specchi su cui fare free-climbing. Di quei 21 punti, la maggior parte sono stati raccolti contro squadre che poi sarebbero finite agli ultimi posti della classifica: Lecce, Udinese, Verona e le tre retrocesse. Certo, vincere è sempre meglio che perdere, ma attribuirsi il merito di battere squadre in evidente difficoltà non è esattamente una medaglia al valore. E il resto? Pareggi evitabili e sconfitte che gridano vendetta.
E qui non possiamo dimenticare il contesto. Durante quel periodo, lo spogliatoio era tutto tranne che unito. Le scelte tattiche di Garcia erano talmente cervellotiche da lasciare perplessi non solo i tifosi, ma anche i calciatori stessi. E non è un dettaglio da poco: un allenatore che perde il controllo del gruppo perde tutto.
C’è un altro dettaglio che Garcia, stranamente, non menziona mai. Molti osservatori (e, diciamolo, anche qualche addetto ai lavori) ritengono che il vero problema di quel Napoli sia nato ben prima delle partite ufficiali, ovvero durante la preparazione estiva. Gli allenamenti molto poco intensi e molto poco calibrati hanno portato a una serie di infortuni che hanno decimato la squadra nei momenti cruciali.
E chi era il responsabile di quella preparazione? Esatto, proprio Garcia insieme al fido Rongoni. Il risultato è stato un gruppo di giocatori incapaci di trovare continuità, fisica e mentale, durante le gare ufficiali, anche dopo il suo addio. Ecco qualcosa per la quale Mazzarri dovrebbe ringraziarlo!
Dopo tutto questo, l’esonero di Garcia non è stato solo inevitabile: è stato quasi liberatorio, per i giocatori, per i tifosi e probabilmente anche per la società. Eppure, ascoltando l’intervista, sembra che il tecnico francese non abbia fatto neanche un minimo esame di coscienza. Nessuna riflessione su cosa sia andato storto, nessuna ammissione di errori. Solo accuse e frecciate, come se le colpe fossero interamente altrui.
Ma è proprio questa mancanza di autocritica che potrebbe spiegare perché Garcia, da anni, non riesca a rientrare nel giro delle panchine che contano. Nel calcio, come nella vita, è fondamentale imparare dai propri errori. Continuare a puntare il dito verso gli altri è una strategia che funziona solo per un breve periodo. Dopo un po’, il dito torna a puntare verso di te.
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