Serie A, addio proprietà straniere: “Firmo la legge”

Serie A, arriva il clamoroso colpo di scena: addio alle proprietà straniere, la presa di posizione è chiarissima

Le proprietà straniere in Serie A sono ormai una realtà consolidata, ma non tutti sono convinti che questa tendenza sia vantaggiosa per il nostro calcio.

Serie A loghi
Serie A, addio proprietà straniere: “Firmo la legge” – Serieanews

In Italia, diverse squadre della massima serie sono oggi sotto il controllo di investitori esteri, provenienti da paesi come Stati Uniti, Inghilterra, Cina e Emirati Arabi. La lista delle squadre che appartengono a stranieri è lunga, e comprende club storici e di grande tradizione, come ad esempio:

  • Inter e Milan (entrambe di proprietà statunitense, attraverso i fondi Oaktree e RedBird)
  • Roma (gruppo statunitense Friedkin)
  • Atalanta (gruppo USA con Stephan Pagliuca tramite Bain Capital ha in mano la maggioranza del club bergamasco)
  • Fiorentina (proprietà americana, con il gruppo Commisso)
  • Bologna (controllato dal canadese Joey Saputo)
  • Genoa (in mano al gruppo americano 777 Partners)
  • Como (in mano ai fratelli indonesiani Robert Budi e Michael Hartono che hanno un patrimonio di 26,5 e 25,5 miliardi)
  • Venezia (proprietà statunitense in mano a Duncan Niederauer)
  • Parma (in mano allo statunitense Kyle Krause)

Un panorama che dimostra come ormai una parte significativa della Serie A – 10 squadre su 20 – sia nelle mani di capitali esteri, ma questo ha suscitato anche parecchie discussioni. Alcuni, infatti, si chiedono se questa situazione sia davvero sostenibile per il futuro del calcio italiano, o se invece stia indebolendo l’identità del nostro sport più amato.

“Legge che vieta agli stranieri di acquisire le società italiane”: la provocazione

Proprio su questo tema, è intervenuto Massimo Mauro, ex calciatore e commentatore sportivo, che ha suscitato un ampio dibattito con una dichiarazione rilasciata durante il programma Pressing. Mauro, interrogato sulla questione delle proprietà straniere, ha affermato senza mezzi termini: “Se fanno una legge che vieta agli stranieri, cinesi e americani, di acquisire le società italiane io la firmo“. Una posizione netta, che ha subito attirato l’attenzione dei tifosi, degli addetti ai lavori e degli appassionati del calcio italiano.

Gerry Cardinale
“Legge che vieta agli stranieri di acquisire le società italiane”: la provocazione (Ansa Foto) – Serieanews

Mauro ha poi aggiunto: “Un po’ anacronistico? Lo so, ma è questo il problema“. Una riflessione che, pur nell’apparente durezza, contiene un fondo di verità e solleva una questione che molti, soprattutto tra i sostenitori più tradizionalisti del calcio italiano, stanno cominciando a porsi: è davvero nel nostro interesse che le principali squadre italiane finiscano nelle mani di investitori esteri?

Una provocazione arrivata poche ore dopo la durissima contestazione da parte dei tifosi del Milan nel giorno del 125mo anniversario del club, con tanto di festa a San Siro. “Noi non siamo americani” hanno cantato i tifosi a fine gara, dopo il deludente pari contro il Genoa.

L’anacronismo della proposta: tra passato e futuro

È interessante notare come, pur consapevole della sua posizione “un po’ anacronistica”, Massimo Mauro tocchi un nervo scoperto. In un’epoca in cui il calcio è sempre più un affare globale, dominato dalle leggi del mercato e degli investimenti, la difesa di un calcio “nostrano” sembra quasi una battaglia persa in partenza. Le risorse economiche delle proprietà straniere, infatti, hanno spesso permesso a molte squadre italiane di affrontare la concorrenza internazionale e di ritrovare slancio dopo periodi di difficoltà finanziaria.

Ma la domanda rimane: questa “globalizzazione” del nostro campionato sta davvero aiutando il calcio italiano a crescere, o rischia di minare l’identità delle squadre, dei tifosi e della cultura calcistica nostrana?

Mauro, con la sua dichiarazione, ha lanciato un messaggio che apre a riflessioni più ampie sul futuro del nostro campionato, sul rapporto tra calcio e denaro, e sul rischio che il legame tra le squadre e i tifosi italiani possa diventare sempre più tenue, sotto la spinta degli interessi economici globali.

Gestione cookie