Chi ricorda Kaká, lo considera inavvicinabile ma Carlo Ancelotti avvicina le prospettive di Jude Bellingham al campione brasiliano in giacca e cravatta.
In comune hanno (per ora) un club – il Real Madrid -, un allenatore – Carlo Ancelotti – e più di qualche caratteristica che giova alla squadra dalla metà del campo in avanti. Chi sono? Kaká e Jude Bellingham. Li separano vent’anni, gli stessi trascorsi da quando per la prima volta nel 2003 il tecnico italiano accolse il brasiliano al Milan al 2023, quando Ancelotti ha aperto le porte di Valdebebas all’inglese.
È stato lui, Re Carlo, a favorire un accostamento in prospettiva assolutamente inopinabile ma al contempo particolarmente emozionante, considerata la carriera internazionale dell’ex calciatore di Sao Paulo. Dopo aver provato ad avvicinare le gesta di Bellingham a quelle di Zidane, mister Ancelotti ci ha ripensato e negli occhi gli sono scorsi davanti i fotogrammi del primo Kaká. L’ha raccontato in conferenza stampa, presentando la gara del Real Madrid contro il Granada: “Sono sorpreso come quando vidi Kakà per la prima volta. Non dico che gli somiglia, ma ha qualcosa di Kakà”.
Già solo immaginare di avere “qualcosa di Kaká”, basterà a Bellingham a sentirsi ulteriormente soddisfatto. In effetti, anche in occasione del primo incontro col brasiliano, che arrivava dalla Casa Madre e si sarebbe trasferito proprio al Real Madrid dopo sei stagioni rossonere, era difficile immaginare quanto avrebbe inciso nella storia vincente del club milanese e in generale quanto sarebbe stato capace di scuotere il calcio di ogni dove.
Questo perché nell’estate del 2003 allo sbarco a Malpensa, si presentava al Milan recente vincitore della Champions League un Kaká agli antipodi dell’immaginario sudamericano: tirato a lucido negli abiti formali e con gli occhiali da studente. Una formazione così piena di campioni come avrebbe potuto sorprendersi ulteriormente e per lo più con quei presupposti? L’apparenza inganna.
Carlo Ancelotti racconterà nella sua biografia di essere stato scettico: “Ma chi abbiamo preso? Uno studente universitario?”. Il tecnico ironizzerà, raccontando di aver pensato di chiedergli dove fossero i genitori: “Poi però è sceso in campo e… Apriti cielo. Ma apriti per davvero… Con il pallone tra i piedi era mostruoso. Uno dei giocatori più forti che abbia mai allenato”. Proprio quel bravo ragazzo fu colui che contribuì a distribuire bellezza ed efficacia, al punto che lascerà il Milan dopo aver vinto una Supercoppa Europea, una Serie A, una Supercoppa Italiana, una Champions League, un Mondiale per Club.
Visiono di gioco come se avesse negli occhi dei raggi ultravioletti e una progressione palla al piede forse mai più rivista, Kaká rappresenta ancora un immaginario intoccabile per la sua completezza, per di più ambidestro. Ma la forza inarrestabile di Bellingham insieme alla sua personalità da “bravo ragazzo” con sani principi li rende più simili del previsto, nonostante il diverso presupposto. L’inglese, infatti, si è presentato a Carlo Ancelotti esattamente due generazioni dopo Kaká, arrivando dal Borussia Dortmund per 103 milioni di euro. Un biglietto da visita che avrebbe dovuto mettergli pressione, forse la stessa del brasiliano nel sovvertire le basse aspettative.
Jude ha impressionato con la stessa rapidità e continua a farlo, avendo superato anche la prova Clasico: il Real Madrid ha trionfato contro il Barcellona – durante lo scorso ottobre – con una sua doppietta, in rimonta. Forse il segreto di entrambi affonda nelle radici della semplicità, nel divertimento, come un Bellingham già maturo ai suoi 20 anni ha di recente raccontato a ‘l’Equipe’: “Da piccolo mi allenavo per raccogliere margherite da portare a mia madre. A lei e mio padre interessava solo che mi divertissi e mi comprassi bene. Io immagino ancora che il mondo sia un parco giochi per me e loro ogni giorno me lo ricordano”.
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