L’incredibile sconfitta del Bayern Monaco contro il Saarbrucken riaccende le critiche sul format della Coppa Italia.
Minuto 96 di Saarbrucken-Bayern Monaco, sedicesimo di finale della DFB Pokal, la Coppa di Germania. Marcel Gaus, terzino sinistro 34enne e una carriera spesa tra secondo e terzo livello della piramide calcistica tedesca, decide di prendersi i titoli dei quotidiani sportivi tedeschi.
Sua la rete che permette al Saarbrucken, club di terza serie, fino a ieri famoso tra i ‘fissati’ col pallone per aver giocato, appena dopo la seconda guerra mondiale, anche nel campionato francese ed aver vinto l’effimero campionato della Saar, di superare la corazzata Bayern Monaco, dominatrice dell’ultimo decennio di Bundesliga e tra le principali candidate alla vittoria della Champions League. Indubbiamente una delle più grandi soprese calcistiche degli ultimi tempi.
Contemporaneamente anche in Italia si giocava la Coppa Italia. Genoa, Cagliari e Parma vincevano anche loro i sedicesimi di finale, rispettivamente contro Reggiana, Udinese e Lecce, e volavano agli ottavi di finale. Dove ad affrontarle troveranno le comodamente già qualificate e già sicure di giocare in casa Lazio, Milan e Fiorentina. Naturale quindi che, di fronte a due situazioni diametralmente opposte, da un lato una piccola che fa uno sgambetto alla big per eccellenze e dall’altro squadre di media-piccola fascia che si scontrano per avere ‘l’onore’ di fare visita alle big nostrane, il dibattito sulla Coppa Italia e sul suo format sia riesploso.
Il problema della Coppa Italia, non è una coppa nazionale!
L’impresa del Saarbrucken non è una novità nel calcio europeo. In Inghilterra ogni anno in FA Cup squadre anche di terza e quarta serie affrontano le big e, meno di rado di quanto si pensi, arrivano gli sgambetti. La FA Cup dalle parti di Re Carlo è un’istituzione con il suo format ormai consolidato, guai a chi pensa di privare gli inglesi di questi possibili miracoli sportivi. Ma occhio che anche la Copa del Rey e la Coup de France hanno format che permettono alle piccole squadre di provincia di sognare di arrivare in fondo. D’altronde negli annali del calcio c’è l’impresa del piccolo Calais, squadra nemmeno professionista, che nel 2000 arrivò fino in finale, dove oltretutto perse di misura contro il favoritissimo Nantes.
E in Italia? In Italia la Coppa è riservata solo alle prime due serie, più quattro squadre di Serie C. Ed è strutturata in modo che risulti particolarmente difficile per un club che parte dalla prime fasi arrivare fino in fondo. Certo imprese come quelle dell’Alessandria o del Pordenone ci sono state, ma rappresentano una vera e propria rarità e sono comunque limitate a club di Serie B o di alta Serie C. Senza dimenticare che il sistema casa/trasferta, con le big teste di serie, rende impossibile prima delle semifinali una trasferta di un Milan, una Juventus, un Inter o un Napoli in un campo di provincia.
Il problema principale risiede nella natura della Coppa Italia, la quale non è una coppa nazionale, come la FA Cup, ma una coppa di lega, come la Carabao Cup, che, in assenza di coppa nazionale, ne fa le veci. La Coppa Italia è una competizione organizzata dalla Lega Serie A, la quale legittimamente guarda agli interessi sportivi, ma soprattutto televisivi delle sue squadre. Naturalmente in ottica televisiva una semifinale Inter-Juventus o Milan-Napoli è maggiormente vendibile. Ma lo sport?
Rimettiamo al centro lo sport: un’idea per la Coppa Italia
Già, lo sport. Immaginiamo per un attimo un formato di Coppa Italia sul modello delle altre coppe nazionali. In Italia ci sono 20 squadre di Serie A e 20 squadre di Serie B. A queste potrebbero essere aggiunte le 60 squadre della Serie C, meno le due Under 23. Siamo quindi su 20+20+58 squadre. Totale: 98 partecipanti. Se a queste aggiungiamo 30 squadre dalla Serie D, ci troveremmo di fronte ad una competizione ad eliminazione diretta ‘pura’ da 7 turni.
Naturalmente potrebbero essere inseriti vari step, con le big che entrano in gioco dopo due turni di qualificazione. Ma l’inserimento dei club di C, dove ci sono piazze dalla grandissima tradizione e con pubblico da far invidia ad alcuni club di A, sarebbe di indubbio fascino. Mettiamoci poi anche il sorteggio integrale con la prima che gioca in casa. Non renderebbe tutto più imprevedibile.
Ci sono però note dolenti: in primis le strutture. Purtroppo in Italia buona parte degli stadi versa in condizioni non proprio ottimali, ma c’è anche un problema di sovraffollamento di calendari, di incassi da stadio (ad oggi con il 50/50 paradossalmente conviene alle piccola giocare fuori casa) e soprattutto di diritti tv. Ad oggi una Coppa Italia disegnata sulle esigenze delle big televisivamente vende, come dimostra l’ultimo accordo con Mediaset. I club italiani correrebbero questo rischio? Parliamoci chiaro: al momento no. E quindi non ci resta che ipotizzare, fantasticare e guardare un semisconosciuto terzino tedesco che batte uno dei portieri più forti della storia del calcio e ci ricorda che, va bene incassi, leghe, diritti tv e tutto quanto, ma alla fine è pur sempre pallone.