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Serie A

Canepa racconta Giuntoli: “E’ un leader nato. Se un giocatore ha fatto serata…”

Intervista esclusiva a Roberto Canepa, ex collaboratore di Cristiano Giuntoli al Carpi e oggi direttore sportivo del Derthona

Cristiano Giuntoli è il direttore sportivo del momento. Ha vinto la scorsa stagione da assoluto protagonista lo Scudetto con il Napoli, il terzo della storia del club partenopeo, dopo aver portato a casa la Coppa Italia qualche anno fa. La sua competenza ha permesso al Napoli di rinnovare profondamente la squadra nei giocatori-cardine, portando quella freschezza tramutatasi in continuità di prestazioni e risultati grazie al lavoro di Luciano Spalletti. Oggi Giuntoli è il ds della Juventus, la squadra che tifava fin da bambino insieme al suo papà.

Canepa e Giuntoli (SerieANews.com)

Quel che vogliono i bianconeri è ritornare al più presto davanti a tutte le squadre della Serie A, dopo due anni pessimi dentro e fuori dal campo. Per farlo, si è affidata a Giuntoli e per conoscere meglio le sue metodologie di lavoro e non solo, la redazione di SerieANews.com ha intervistato in esclusiva Roberto Canepa, oggi direttore sportivo del Derthona. Canepa e Giuntoli hanno collaborato insieme ai tempi del Carpi, capace di una scalata incredibile dalla Serie D alla Serie A.

Cosa ne pensa di questo inizio di stagione del Derthona, anche in virtù del pareggio di ieri con il Chieri?

“Abbiamo avuto un inizio discreto, ieri onestamente poteva andar meglio, come anche sabato scorso a Sanremo. Due pareggi con un gusto diverso, probabilmente a Sanremo c’è stato tolto qualcosa, ieri abbiamo buttato via qualcosa noi. Siamo alla terza giornata, il cammino è lungo, il lavoro che abbiamo fatto è tanto. Abbiamo rinnovato profondamente la squadra insieme a mister Daidola, dando un’identità che è sempre stata rispettata in queste gare e mantenuta, nonostante abbiamo subito un infortunio grave come quello di Simone Giacchino. Tutti quelli che fanno parte della rosa stanno facendo il loro, aspettiamo qualche infortunato di lungo corso che ha avuto qualche problema al rientro come Todisco. E un giocatore importante che ha avuto un problema durante la prima settimana di ritiro, Karkalis. Ma tutti quelli che hanno giocato e fanno parte della squadra, lo stanno facendo al meglio. Quindi direi che siamo abbastanza soddisfatti”.

Qual è l’obiettivo di questa stagione?

“Come spesso si dice a inizio stagione, su venti squadre che partono nel Girone A di Serie D, almeno sette-otto puntano alla vittoria e le altre come minimo ai playoff. Poi nella realtà delle cose vince una sola, quattro vanno ai playoff che spesso ahimè contano poco o niente, due retrocedono e quattro fanno i playout. Bisogna stare molto coi piedi per terra. Noi lo scorso anno avevamo fatto una squadra che nella nostra testa, probabilmente in maniera errata, poteva fare anche bene. Ci siamo affidati a un allenatore in cui credevamo molto, ovvero Fabio Fossati, dopo poco tempo abbiamo dovuto tornare sui nostri passi affidandoci a un allenatore come Chezzi, che avevamo già avuto a Savona insieme alla proprietà. E che non è riuscito anche lui a portarci in fondo. Dopo una partenza importante della sua gestione, abbiamo avuto due o tre debacle. Ci siamo salvati ai playout con mister Daidola, dopo quel periodo e la conoscenza con il tecnico, abbiamo deciso di confermarlo. E siamo convinti di questa decisione e convinti di andare avanti insieme, portando avanti questo progetto”.

Magari con una salvezza un po’ più tranquilla rispetto alla scorsa stagione.

“Sì, sicuramente. Noi dobbiamo avere una squadra che ci lasci ogni volta che torniamo a casa la certezza di aver fatto tutto il possibile. Questa è la squadra che si siamo riproposti di costruire, che abbia un’identità di gioco, che cerchi di tenere in mano la partita in gestione, che cerchi di fare il meglio sia contro squadre più attrezzate, sia contro squadre alla portata. Noi dobbiamo cercare di avere questo atteggiamento tattico e mentale. Anche perché il pubblico del Derthona apprezza i giocatori che sudano la maglia, che abbiano dato tutto a prescindere dal risultato. E questo dev’essere il nostro marchio di fabbrica”.

A Carpi, con Giuntoli, avete formato un team di lavoro che ha raggiunto risultati eccezionali. Com’è nata quest’alchimia?

“Cristiano ha una dote innata. E’ un leader. Non ha studiato da leader, non è una cosa che insegnano a Coverciano. Si ha o non si ha. La preparazione è a 360 gradi, che va dal campo alla scrivania, alla trattativa, alla parte sanitaria dei calciatori. Ha una preparazione superiore in tanti campi. Una delle sue doti è quella che valorizza al massimo le capacità dei suoi collaboratori e questo è successo a Carpi. Si è costruita una squadra di collaboratori che ha poi creato un miracolo. Spesso gli dico sempre e gli rammento che era ed è una locomotiva. Tutte le persone che hanno la fortuna di lavorare con lui ne traggono giovamento, perché poi vanno a esprimersi al massimo delle proprie possibilità e capacità”.

Un aneddoto su Giuntoli per far capire che persona e che dirigente è? Non è mai stato molto appariscente dal punto di vista televisivo.

“E’ sempre stato molto molto riservato. Ci siamo conosciuti a Savona, l’anno in cui mi approcciavo alla Serie D, seppur abbia sempre fatto calcio dilettantistico. C’era Pusceddu come allenatore e Giuntoli era un giocatore. Ma dopo pochi allenamenti, nel frequentarlo, mi aveva ammaliato e affascinato per come parlava di calcio e lo spiegava. Nell’arco di quell’annata lì si era creata un’amicizia e ho avuto modo di vedere il calcio in un altro modo. Ero già allenatore UEFA B, avevo già fatto le mie esperienze a livello dilettantistico e giovanile. Ma vedere e imparare da lui un punto di vista diverso, mi ha aperto tanti modi di vedere il calcio che non mi sarei immaginato. Mi ricordo una partita vista insieme in quel di Marassi, quell’anno il Genoa faceva la Serie C, contro lo Spezia. Ripeto, ero già stato allenatore e lo ero da anni. Ma vedere una partita con a fianco lui mi dava delle chiavi di letture diverse. Da lì sono rimasto entusiasta, poi alla parte tecnica si è unito un discorso di amicizia, che poi è diventato continuativo nel tempo. Abbiamo avuto modo di lavorare insieme nell’esperienza, bellissima, dei quattro anni di Carpi. Ce ne sono tantissimi di aneddoti. Spesso quando ci incontriamo si scherza, anche con gli altri, come Matteo Scala che ora è al Genoa, Giuseppe Pompilio al Napoli, Giuseppe Valentino alla Pro Vercelli, Andrea Nuti, Giandomenico Costi capostipite dei ‘Carpigiani’, il preparatore Giannasi, lo stesso Roberto Perrone che è nello staff di Gattuso. Delle volte la battuta è: ‘Voi umani non avete visto le cose che abbiamo visto noi’ (ride, ndr). Sono stati anni belli, con poco si è fatto tanto con una proprietà lungimirante. Stefano Bonacini ‘Gaudì’, Claudio Caliumi, Roberto Marani, Paolo Zinani, hanno permesso che un talento come Cristiano Giuntoli emergesse e sapeva scegliersi anche i suoi collaboratori. Mi ha fatto onore far parte di quello staff. Cristiano è la locomotiva”.

Giuntoli festeggia la vittoria dello Scudetto (LaPresse) SerieANews.com

C’è un giocatore che avete preso insieme, un’operazione, una trattativa a cui siete più affezionati?

“Aneddoti ce ne sono tantissimi, era sempre divertente stare insieme. Non sarebbe giusto per quelli non citati, ma posso dire questo. Pur tenendo sempre tutti i suoi collaboratori sulla corda, quando passavano i momenti di difficoltà, ripeto, stare insieme era divertente. Andava oltre l’evento, quel Carpi vinse poi tantissimo. A livello di frequenza di vincita inferiore solo alla Juventus. Quella squadra è passata dalla Serie D alla Serie A, vincendo direttamente i campionati o passando dai playoff, con poche stagioni in standby in una categoria. Poi le medie punti… Si era creata un’attitudine a vincere e ce l’avevano data le idee di Cristiano Giuntoli. Poi ha portato, ha adattato le idee al palcoscenico di Napoli e mi auguro lo faccia anche alla Juventus”.

Conoscendo il modo di lavorare, la capacità di creare una grande squadra di lavoro e le doti di leader, il Napoli ci ha perso senza uno come Giuntoli.

“I due aggettivi più adatti sono leader, ma questa è una cosa innata. Io sono un direttore sportivo professionista e allenatore UEFA A. E anche a Coverciano, Cristiano quando va e fa lezione, ammalia. Ti affascina con i suoi modi. Perché ti fa vivere, pur essendo molto diretto e molto reale, senza fronzoli, pragmatico, ti apre un mondo ogni volta che ti parla. Leader naturale, non si insegna ai corsi. E soprattutto catalizzatore. Lui riesce da ogni suo componente dello staff, da ogni collaboratore, a tirare fuori il meglio e riesce a capire in quale campo della vastità del mondo calcio il suo collaboratore può dare il meglio e può dare il meglio alla squadra. Non si insegna una dote così, è innata. Non facciamo pubblicità, ma gli dico scherzando ‘Avessi venduto il folletto, saresti stato il più grande venditore di folletto al mondo!’ (ride, ndr). Quando parla con una persona, che sia un tecnico, un giocatore, un giornalista, un qualsiasi interlocutore, lui ha la dote in pochi secondi di capire chi ha di fronte e dove vuole andare, e portarcelo prima lui. Sono talenti innati”.

Con lui, la Juventus è cambiata. E il prossimo anno può avere più possibilità.

“Posso garantire che se uno ha la fortuna di conoscerlo e di lavorarci insieme come ho fatto io, è una cosa che ti prende dentro e rimane. Bisogna conoscere i propri limiti e Giuntoli è Giuntoli. Lo ringrazio perché mi ha amplificato tante cose che avevo dentro, però una cosa che mi è sempre stata chiara è che ‘io non devo fare come fa Cristiano’. Perché Cristiano è Cristiano. Io devo avere il mio modo, anche nel gestire le mie cose e le squadre, di gestire le mie problematiche e le mie attualità con i miei modi. Pur facendo tesoro delle sue letture e modi di capire. Perché poi quando uno ci sta tanto tempo insieme acquisisce un qualcosina per osmosi. Acquisisce delle letture. Nel mio caso, cercare di essere pronti a gestirle alla mia maniera. Nel senso che ‘Cristiano avrebbe fatto così’, però io magari non sono in grado di fare come Cristiano, ma devo risolverla alla mia maniera. E’ un po’ una cosa sottile, ma importante. Lui magari vede arrivare un giocatore con l’occhiale indosso, che ha fatto mezza serata, lui lo legge in trenta secondi. Oppure un giocatore ha un tipo di cura di allenamento per un recupero, lui ci mette un attimo capisce se un giocatore sta lavorando seriamente o gigioneggiando andando più lento. Si è creato un crogiuolo di doti e conoscenze, dato dal fatto che Giuntoli è da quando aveva undici anni a casa nel bar di famiglia che vive calcio, che va a vedere le partite o gli allenamenti a Coverciano, le squadre… Poi ha fatto una carriera dove, secondo me, aveva capito che il bello sarebbe venuto dopo. Sono grato per quello che si è vissuto insieme, momenti e sensazioni uniche e impagabili. E vedere che ha ottenuto risultati straordinari, mi riempie il cuore di gioia perché sono suo amico, mi inorgoglisce, perché mi sento di dire che ho visto prima degli altri che avrebbe fatto questo tipo di percorso. Delle volte, stiamo giorni senza sentirci e quando gli racconto qualcosa e ci confrontiamo, capisco che la lettura che gli avevo dato è diversa dall’occhio di una persona normale, di un tifoso che legge il giornale e anche di un addetto ai lavori. Perché ho avuto la fortuna di stargli vicino e questa è una cosa che fa piacere”.

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Scritto da
Nico Bastone

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