La giornata di oggi è stata scossa dall’annuncio della morte di Vincenzo D’Amico, storica bandiera della Lazio.
Dopo i tanti lutti che hanno scosso sia il calcio italiano che quello mondiale, il nostro movimento deve dire addio ad un altro ex giocatore che ha contribuito a rendere più bello lo sport più amato al mondo.
Come riportato dal quotidiano sportivo italiano ‘Il Corriere dello Sport’, infatti, è morto, a soli 68 anni, Vincenzo D’Amico, campione d’Italia (appena diciannovenne) con la Lazio di Tommaso Maestrelli nella stagione 1973/74. L’ex calciatore è stato sicuramente uno dei giocatori più rappresentativi dell’intera storia del club biancoceleste.
L’intera carriera di Vincenzo D’Amico, ad eccezione delle brevissima parentesi con il Torino (costretto ad andarci per i problemi economici che colpirono il club capitolino dopo lo scandalo scommesse) e con la Ternana, è stata contraddistinta dall’amore per la Lazio, dove ha giocato in 15 stagioni ben 338 partite.
Vincenzo D’Amico è deceduto per colpa di un cancro. Lo stesso ex giocatore, tramite un post su Facebook, aveva annunciato di lottare contro questa malattia: “Mi dicono che i malati oncologici tirano fuori forze inaspettate! Io ci sto provando”.
Anche la Lazio ha ovviamente reso omaggio ad una delle sue bandiere: “Il presidente Claudio Lotito e tutto il club apprendono con estremo dolore e profonda commozione la notizia della scomparsa di Vincenzo D’Amico, assoluto protagonista dello Scudetto 1973/74. Leggenda biancoceleste e coraggioso capitano nei momenti difficili della Società. Vincenzino, come tanti lo hanno sempre continuato a chiamare, ha fatto innamorare i tifosi di tante generazioni con le sue magie in campo ed il suo infinito attaccamento alla maglia. Il presidente Lotito, a nome di tutto il Club, rivolge alla sua famiglia e ai suoi più cari le più sentite condoglianze. Non ti dimenticheremo mai, Vincenzo!”.
Con la scomparsa di Vincenzo D’Amico se ne va via un altro pezzo di quel calcio che, ormai, non esiste più. Ovvero quel calcio delle gare in contemporanea alle ore 15 della domenica, quel calcio non sommerso da polemiche, razzismo, e soldi esteri. Quello era un calcio più puro e, sicuramente, più vicino alla gente comune. Un calciatore in quegli anni era sì una stella, ma raggiungibile dai noi comuni mortali.
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