Antisemitismo, il Ministero dell’Interno prende una severa decisione relativamente ai casi avvenuti nel mondo del calcio: ecco le motivazioni.
Una decisione un po’ a sorpresa, quella comunicata poco fa dal Ministero dell’Interno, in merito alle nuove norme per la lotta all’antisemitismo nel mondo del calcio. Come annunciato dal Ministro Piantedosi, tra le varie novità è previsto anche il divieto per i calciatori di indossare la maglia numero 88. Il numero è generalmente considerato un simbolo identitario dei neonazisti. Nelle ultime stagioni, il problema dell’antisemitismo negli stadi italiani è andato drammaticamente crescendo.
Sono lontani, ma non troppo, i tempi in cui Ronny Rosenthal, alla fine degli anni Ottanta, cancellava il suo trasferimento all’Udinese dopo essere stato accolto da svastiche e scritte antisemite. Da quel momento, la questione è sembrata scemare, ma proprio nell’ultima stagione la Serie A l’ha vista riemergere in tutta la sua forza. In diversi incontri sono stati segnalati cori antisemiti, come lo scorso settembre da parte di alcuni sostenitori della Juventus contro la Fiorentina, e di altri dell’Inter contro il Milan.
Successivamente, ha fatto molto discutere la fotografia che ritraeva un tifoso della Lazio che si era fatto ritrarre allo stadio con indosso una maglia biancoceleste, la scritta “Hitlerson” e appunto il numero 88. L’uomo, di origini tedesche, venne successivamente identificato dal club ed espulso dai match della Lazio. Il suo caso, però, ha rappresentato solo la punta dell’iceberg. Già nel 2001, quando la situazione pareva più mite, il quotidiano israeliano ‘Haaretz’ accusava la Serie A di essere il campionato di calcio più antisemita d’Europa.
La motivazione dietro questa battaglia al numero 88 è legata al fatto che esso è ormai legato alla simbologia neonazista. L’ottava lettera dell’alfabeto è infatti la “h”, per cui due volte 8 indica “HH”, acronimo del motto nazista “Heil Hitler”. Un espediente che l’estrema destra ha sviluppato nel tempo per poter sfoggiare simboli di appartenenza politica mascherati per sembrare tutt’altro, sfuggendo a sanzioni e processi.
Nel mondo dello sport, e in quello del calcio in particolare, questo numero è diventato tristemente famoso, e l’Italia ne sa qualcosa da ben prima del caso “Hitlerson”. Nell’estate del 2000, Gianluigi Buffon scelse proprio l’88 come suo numero di maglia, sollevando molte polemiche che lo convinsero poi a ripiegare sul 77. L’allora portiere del Parma si giustificò dicendo che il numero simboleggiava per lui “quattro palle”, in riferimento al recupero dall’ultimo grave infortunio. In realtà, già in precedenza i comportamenti di Buffon erano stati accostati a frasi e simboli di estrema destra.
L’efficacia di questo provvedimento è ovviamente ancora tutta da verificare. Piantedosi ha annunciato questa soluzione come parte di un insieme di norme più ampio, di cui al momento si sa ancora poco. Resta il fatto che, di per sé, il divieto di indossare un numero pare una soluzione più di facciata che altro. La Serie A ha dimostrato di avere già grossi problemi, culturali prima ancora che metologici, ad affrontare il razzismo. Non si vede allora perché con l’antisemitismo le cose dovrebbero essere differenti.
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