Passata la festa, a Napoli resta un patrimonio sportivo, emotivo ed economico enorme. A club, squadra e tifosi resta il dovere di tutelarlo
A tre giorni dalla sua ultima, enorme festa, Napoli sembra respirare in maniera diversa. Dopo l’euforia incontenibile, resta la consapevolezza di aver voltato pagina. La città ha superato, finalmente, tre decenni trascorsi tra peripezie assurde, cadute terribili e la più grande resurrezione del calcio italiano. Perché passare dagli anni della Serie B, del fallimento, del biennio in C, a un titolo raggiunto dopo 16 stagioni in Serie A, tre Coppe Italia, una Supercoppa e 14 qualificazioni consecutive in Europa, vuol dire aver realizzato un capolavoro senza precedenti, non un’impresa sporadica.
Aurelio De Laurentiis ci è riuscito restando coerente con i suoi valori, le sue idee. Lasciando i bilanci in ordine ha costruito una società ormai solidissima, che ha colmato il gap con le big attraverso le idee, le intuizioni. Il presidente partenopeo ha una dote innegabile, forse il suo più grande pregio: sa scegliere le persone come nessuno.
Spalletti fu una sua idea e il mister di Certaldo è già leggenda. Il suo volto ha invaso la città e la squadra ha invaso il suo corpo con quel tatuaggio, vistoso e visibilissimo, che è una dichiarazione d’intenti senza possibilità di equivoci: Luciano sarà napoletano per sempre.
E mentre i festoni che hanno colorato Napoli da oltre tre mesi cominciano a cedere (la pioggia, costante di questa primavera, ha dato poca tregua), bisogna iniziare ad interrogarsi sull’eredità di questo scudetto. La città partenopea si è potuta godere una festa lunghissima, quasi un contrappasso rispetto ai dolori sportivi che ha patito dopo Maradona.
E ha risposto alla grande. Napoli è stata invasa da centinaia di migliaia di persone in quattro giorni diversi (Salernitana, Udinese, Fiorentina, Sampdoria), ma le devastazioni e le tragedie che molti temevano non ci sono state. Anzi, la festosa e coloratissima marea azzurra ha fatto il giro del mondo e incassato anche i complimenti del sindaco Manfredi, che era tra i più preoccupati per ordine pubblico e tutela dei monumenti. Lo scudetto ha attreversato Napoli lasciando una scia azzurra che ha cambiato l’umore del suo popolo e, chissà, il suo approccio con il calcio. La frustrazione degli ultimi decenni ha lasciato il posto ad un’allegria inesauribile che dovrà essere benzina per il nuovo corso azzurro.
L’eredità del terzo scudetto azzurro
L’addio di Spalletti e quello (ancora tutto da scrivere) di Giuntoli, impongono a De Laurentiis una nuova rivoluzione e servirà l’appoggio finalmente pieno di tutta la piazza per questa nuova fase da vivere col tricolore sul petto.
Il legame tra patron e tifosi non è mai stato così solido ed è rappresentato anche dalla fondamentale pace col tifo organizzato, giunta nel momento più complesso e importante. Il Napoli campione ha lasciato un patrimonio emotivo, sportivo ed economico enorme, ed ora ai suoi tifosi, alla società e a chi lo rappresenterà in campo resta il dovere di tutelarlo. Ripetersi sarà difficilissimo, ma la vittoria a cui puntare dovrà essere mantenere questa coesione tra città, squadra e società, legate da un senso d’appartenenza che era mancato e, oggi, ha reso l’ambiente stupendo nello stadio e fuori.
A Benedetto Croce si attribuisce spesso questa citazione: “Non capirò mai la passione dei miei concittadini per il gioco del pallone e per il Napoli. Ma quello che capisco ancor meno è perché, quando il Napoli vince, sono contento pure io”. Ecco: la gioia dei napoletani ha contagiato e attratto turisti da tutto il mondo e il loro rapporto col club, viscerale ancorché troppo spesso conflittuale, deve ripartire da questa nuova, piovosa ed indimenticabile primavera. L’aria che si respirà in città, per una volta, nun s’adda cagna’.