L’ex calciatore del Milan fa una rivelazione circa la diffusione del doping nel mondo del calcio, con specifico riferimento alla sua esperienza in Serie A.
Il mondo del calcio è in continua evoluzione, non soltanto negli aspetti tattici e nella preparazione atletica dei giocatori. Anche sotto il punto di vista medico e la cura degli infortuni, c’è stato un grosso cambiamento che ha comportato maggiore attenzione ai metodi e alle medicine che vengono utilizzate. I vari staff medici necessitano di una preparazione sempre più approfondita sia per prevenire che per avere cura delle situazioni che si presentano.
Lo si denota particolarmente dall’intervista concessa da Florin Raducioiu, ex calciatore rumeno con un trascorso importante in varie squadre italiane fra cui il Milan, al quotidiano spagnolo ‘AS’. L’attaccante ha indugiato nella spiegazione di alcune pratiche mediche alle quali è stato sottoposto durante la sua avventura professionale, che oggi analizza e mette in discussione.
Raducioiu, infatti, è stato in Italia per quattro stagioni sportive, indossando le uniformi di Bari, Verona, Brescia e Milan dal 1990 al 1994, per poi ritornare proprio a Brescia dal 1998 al 2000. A tal proposito ha raccontato: “Nel Brescia ci facevano delle iniezioni ma al Milan ci davano pasticche. Con tante morti premature, come quella di Vialli, Dino Baggio si è spaventato”.
Serie A, la rivelazione di Florin Raducioiu: “In Italia iniezioni e pasticche”
Ad ‘AS’ l’ex attaccante si spiega meglio: “Posso dire che a Brescia, in occasione di ogni partita, ci facevano iniezioni di liquido rosso. Sembrava sangue. Ne parlai col dottore e mi disse che si trattava di una vitamina che faceva in modo che il muscolo non si stancasse facilmente. Era consuetudine assumere questo tipo di cose. Ad esempio ricordo che al Milan prendevamo anche delle pasticche”.
Ciò va comunque ridimensionato, nella misura in cui le sostanze in questione erano ammesse e infatti non mancavano nemmeno i controlli antidoping, come ricorda l’ex giocatore rumeno: “I controlli erano con l’urina. Queste domande sorgono dopo la morte di Vialli e altri calciatori. Dopo questi fatti, ci siamo iniziati a porre delle domande su quanto ci somministravano. Magari è stata solo una fatalità o magari sono stati accelerati dei processi derivati da quei prodotti. Io ho 53 anni e sto bene. In Romania, Spagna, Inghilterra, Francia e Germania – dove ho giocato – non davano mai queste sostanze. Solo in Italia accadeva. Negli altri paesi ti davano medicine solo quando eri raffreddato”.