Dopo decenni di frustrazioni, col capolavoro degli azzurri Napoli può godersi una gioia che la stava ossessionando.
Napoli è campione d’Italia e i napoletani se lo ripetono ogni giorno, come se fosse Natale (“felice scudetto a te e famiglia”: sta accadendo davvero), come se ancora non ci credessero. Non lo facevano, di certo, un anno fa, quando De Laurentiis, con uno dei suoi leggendari rilanci, ebbe il coraggio di dichiarare che avrebbe “fatto di tutto per riportare lo scudetto a Napoli” nel momento in cui nessuno se lo aspettava. Ci ha messo una stagione, una soltanto, per mantenere la parola. Quella iniziata con le polemiche per una squadra che sembrava smantellata e che, invece, stava rinascendo.
Spalletti rivendica giustamente il suo straordinario lavoro, i cui frutti s’erano già visti durante la prima annata. Gli furono poco riconosciuti e il mister non perde occasione per ricordarlo, ma non fu colpa sua, né dei tifosi. Napoli portava sulle spalle il macigno di decenni di frustrazioni. Dall’umiliazione delle stagioni in Serie B all’ecatombe della Serie C, passando per una lunga rinascita che ha portato la piazza ad annusare la gioia più grande senza mai riuscire ad abbracciarla.
La città ha compreso presto che “l’anno giusto era questo qua”, come cantano in Curva, e si è scatenata nel rendersi più azzurra che mai sin da inizio marzo. L’addio a ogni scaramanzia, diventata ormai quasi uno stereotipo, ha fatto spazio a un’allegria senza limiti, fermata soltanto momentaneamente dalla delusione vissuta in Champions. Chi ha passeggiato nel centro storico della città potrà testimoniarlo: lo scudetto ne ha invaso ogni angolo, rendendolo unico.
La festa durerà almeno fino al 4 giugno, ma la sensazione è che continuerà sui muri e nello stato d’animo di Napoli ancora per diversi mesi. E chi in questi giorni crede di poter sminuire la gioia partenopea rivendicando gli scudetti della Pro Vercelli non ci ha davvero capito nulla. Le gioie, come i gol, vanno pesate e non contate: il 4 maggio 2023 lo attedevano tre generazioni. Quelli che l’epopea di Diego l’hanno vissuta, per risentire l’ebbrezza di quei giorni. Quelli cresciuti tra Prunier e Crasson, per abbandonare le videocassette sul serio, non solo grazie al progresso della tecnologia. Quelli nati durante l’era ADL, i più esigenti di tutti, che sentivano lo scudetto fosse un diritto inalienabile e scippato a chi lo meritava.
Il trionfo di un gruppo che vive su Marte
Il Napoli, in fondo, ha abituato questi ultimi molto bene. Con la prossima, sommerà 14 stagioni consecutive in Europa, dal 2010 è finito sul podio della Serie A otto volte e quattro titoli (tre Coppe e una Supercoppa italiane) li ha portati meritatamente a casa. Mancava il più desiderato ed è giunto nel modo più incredibile, forse nell’unico possibile.
Una lotta più serrata, punto a punto, magari avrebbe accartocciato Napoli e il Napoli nelle pressioni e nell’autolesionismo che troppo spesso l’ha frenata. È stata la cavalcata di un gruppo che, invece, sembra vivere su Marte, commistione tra popoli calcisticamente diseredati (Korea, Kosovo, Norvegia, Slovacchia, Camerun, Macedonia, Nigeria, Georgia…) e forse vincente proprio per questo. Kvaratskhelia, Osimhen e compagni non sono mai stati nemmeno sfiorati da una polemica e probabilmente non hanno compreso cosa stavano facendo fino alla notte di Juve-Napoli, quando Victor è salito sul tetto del bus e ha dato via alla gioia infinita.
De Laurentiis, straordinario ‘masto ‘e festa’, sta organizzando delle celebrazioni indimenticabili e si gode un trionfo soprattutto suo, arrivato come lui voleva. Non solo non ha mai ceduto alle pressioni di chi, chiedendogli di vincere, lo implorava di “cacciare” più soldi, ma è riuscito anche a portare a casa il tricolore proprio nell’anno in cui ha tagliato i costi. Diventare campioni d’Italia senza debiti e col quinto monte ingaggi, è un capolavoro da condividere con la lungimiranza e la pazienza di Giuntoli, con lo sguardo di Micheli e Mantovani, con la vena artistica del maestro Spalletti.
De Laurentiis deve esserne orgoglioso e questa vittoria sembra averlo avvicinato alla città come mai prima d’ora. La storica pace con gli ultras è il preludio a un rapporto che si sta evolvendo: il patron si è fatto in quattro per garantire ai napoletani una festa straordinaria, ha voluto aprire il Maradona durante la gara con l’Udinese, ha preparato altre sorprese che faranno epoca e ha addirittura simpaticamente ritrattato sulla bontà della “pizza romana”. Spesso sottolinea l’entusiasmo che sta scoprendo in città e del quale si sente partecipe. Forse nemmeno lui immaginava di vivere una gioia così grande, forse aveva sottovalutato quei “preside’, ‘o scudetto” quanta voglia di festeggiare insieme nascondessero.
Manca poco meno di un mese alla grande celebrazione finale, quella del 4 giugno. Di Lorenzo alzerà la Coppa e il suo percorso professionale sembra perfetto per raccontare la storia di questa squadra, il cui futuro è ancora da scrivere. Spalletti, Giuntoli, Osimhen, Kim… Diversi pilastri dell’impresa forse saluteranno in cerca di nuove avventure. Napoli li terrà per sempre sui suoi muri e poi ricomincerà ancora una volta. Lo farà con le spalle leggere, libere da un macigno trascinato durante 33 anni.