Il pubblico ministero Narducci torna a intervenire sul caso Calciopoli, rispondendo a quanto verificatosi durante l’indagine di Report.
La produzione ‘Report’ della RAI ha dedicato ampio spazio nelle sue ultime stagioni anche alle malefatte finanziarie che coinvolgono le società sportive e grande risalto ha ottenuto la ferita di Calciopoli. Un caso che ancora avvolge il calcio italiano. La figura centrale in tal senso è quella dell’ex dirigente Luciano Moggi e l’ormai famosa chiavetta. Questa conteneva documenti legalmente compromettenti per varie società, nonché la Juventus.
Nell’ultimo capitolo sull’argomento l’ex arbitro Paolo Bergamo ha rivelato che durante quel periodo la Juventus sarebbe stata sacrificata. Il tutto in virtù di un patto politico-industriale sancito con i principali esponenti dell’Inter per risolvere una questione interna alla famiglia Agnelli. Ovvero, i bianconeri avrebbero in qualche modo pagato di più dell’Inter, messasi in salvo dall’illecito sportivo per l’utilizzo dello strumento della prescrizione.
In seguito a ciò, ha scelto di intervenire il magistrato Pino Narducci, il quale ha spedito una lettera alla redazione di Report attraverso la quale ha confutato l’impianto accusatorio del programma tv, replicando ai vari punti. Nello specifico ha ripreso delle sentenze irrevocabili che hanno confermato come il calcio italiano fosse condizionato da un’associazione per delinquere in grado di maneggiare i risultati di alcuni match.
Si tratta quindi di frode sportiva, come ricorda Narducci. Fra le sue righe si legge che non bisogna trascurare i risultati dell’indagine, limitandosi a narrare le assoluzioni, sospensioni e/o prescrizioni. Nel caso di Calciopoli sottolinea che si tratta di “un’indagine sorta, nelle stanze della Procura nel Centro Direzionale di Napoli, come naturale prosecuzione di quella sulle scommesse illecite in serie A e B nel 2003/04 e su alcuni arbitri della sezione romana. Quindi, certamente non nei lussuosi uffici di amministratori delegati di grandi imprese del Nord”.
Il pm Narducci addita il programma per aver trattato quindi in modo poco approfondito le sentenze, le quali raccontavano inconfutabilmente “che, nel calcio professionistico italiano, operava una associazione per delinquere (le tracce di questa attività risalgono al periodo 1999/2000) che aveva condizionato il campionato di serie A 2004/05”.
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