La Fiorentina sta vivendo due stagioni in una: una depressa e frustrante, in campionato, l’altra felice e spensierata, nelle Coppe
Affrontare la prima stagione della propria carriera con un triplo impegno non è semplice. Ancor di più con una lunga sosta natalizia per un Mondiale. Va modificato l’approccio fisico e mentale alla stagione, alle partite. Questo Vincenzo Italiano lo sa e sa anche che la sua Fiorentina ha ampiamente meritato la possibilità di giocare la Conference League. Senza la cessione di Dusan Vlahovic nel gennaio 2022, la viola poteva aspirare anche a un piazzamento ancor più prestigioso. Ma con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Restano i soldi incassati dalla cessione del centravanti serbo che non voleva rinnovare il contratto e non accettare l’offerta della Juventus, sarebbe stato un grave danno per il club.
La Fiorentina nella scorsa stagione ha espresso uno dei migliori modi di giocare della Serie A. Vincenzo Italiano si è calato benissimo in una nuova realtà dopo la splendida salvezza ottenuta a La Spezia. E ha avuto la fortuna di trovare una squadra che nel campionato precedente è arrivata tredicesima, con gli avvicendamenti in panchina Iachini-Prandelli-Iachini. Lui è stato visto come la luce in fondo al tunnel, insomma. Rocco Commisso ha optato per un nuovo ciclo, con un allenatore emergente e con delle idee precise. Quando si pensa a Italiano, il primo pensiero che viene in mente è come fa giocare le sue squadre. E a Firenze gli anni scorsi si sono tolti parecchi sfizi, al netto di delusioni scottanti.
La forza della Fiorentina è il gioco, l’estetica, il raggiungimento del risultato attraverso una prestazione dominante. Questo non vuol dire vincere in ogni stadio italiano ed europeo. Vuol dire non snaturarsi, prendere il pallone e giocare a calcio ovunque ci si trovi. Il risultato è una naturale conseguenza della prestazione, quella conta davvero. Perché, alla fine, se si gioca bene si hanno più possibilità di vincere. E’ questo il principio morale di Italiano quando si tratta di calcio. E al netto di divisioni tra risultatisti e belgiochisti, la sua è una filosofia che non si può non condividere. I problemi nascono, però, quando c’è una disparità tra ciò che si semina e il quantitativo di grano che si raccoglie.
Sono solo sei le vittorie della Fiorentina in ventitré partite di campionato, dove non vince dal 7 gennaio, contro il Sassuolo, per 2-1. In trasferta, invece, il risultato pieno manca da dallo scorso 6 novembre con la Sampdoria. Nelle successive quattro trasferte, però, la viola ha incontrato, nell’ordine: Milan, Roma, Lazio e Juventus. Un calendario complicatissimo, certo, ma ciò che ha fatto la differenza è il poco cinismo sotto porta degli attaccanti di Italiano. La prossima sarà al Bentegodi col Verona, la Fiorentina ora è quattordicesima a +8 proprio sugli scaligeri terzultimi. Perdere vorrebbe dire mettere in pericolo una serenità portata, invece, dal rendimento nelle Coppe.
Perché se la Fiorentina in campionato fa fatica, in Coppa Italia ha una semifinale con la Cremonese e un ottavo di Conference col Sivasspor da giocare. L’obiettivo è arrivare fino in fondo in entrambe le competizioni. Perché è vero che la squadra di Ballardini ha eliminato Napoli e Roma, ma è nettamente inferiore alla viola, che può tornare a giocarsi una finale per la prima volta dal 2014. Nel percorso europeo, invece, il discorso è diverso. Si ragiona step by step, e il Sivasspor è obiettivamente inferiore alla Fiorentina, che ha l’occasione di andare ai quarti e accendere un entusiasmo travolgente in città.
Entusiasmo che, come detto, in campionato non c’è. Se la Fiorentina va sotto, non riesce a vincere la partita. Nel derby con l’Empoli è arrivato l’1-1 grazie a un ottimo Arthur Cabral, derubato di un gol regolarissimo con il Braga, ma serve altro per risalire la classifica. Le prestazioni sono buone, anche la preparazione delle azioni per poi arrivare al tiro in porta. E’ proprio la precisione che manca ai giocatori della Fiorentina: Antonin Barak dopo il pari con l’Empoli ha manifestato tutta la sua tristezza: “Volevamo vincere con Bologna, Torino ed Empoli, ma non ci siamo riusciti. Mi manca il gol, sto male, sono fuori di testa. L’anno scorso mi entrava tutto, quest’anno no”.
Ed è proprio questa ossessione per il gol che causa nervosismo, ansia e paura davanti alla porta. Luka Jovic e Arthur Cabral vivono un gran periodo, figlio delle due doppiette con il Braga nella trasferta in Portogallo. La sensazione, purtroppo per Italiano, è che la qualificazione in Europa dipenda solo dal percorso in Coppa Italia e in Conference League. Sarebbe comprensibile puntare decisi sulle due competizioni, ma senza abbandonare del tutto il campionato. Manca ancora tantissimo alla fine, fare dei calcoli non conviene a nessuno, perché se il volto depresso del campionato dovesse avere la meglio su quello felice e spensierato delle Coppe, potrebbero arrivare solo delusioni.