L’Albiceleste ha regalato immagini incancellabili dentro e fuori dal campo. Il trionfo di Leo sarebbe un omaggio al calcio che fu.
Le finali della Coppa del Mondo scandiscono il tempo della vita di tutti e cambiano quella di qualche milione di persone. Oggi toccherà ad argentini e francesi vivere l’evento come un momento di cui ricorderanno ogni dettaglio per i prossimi 50 anni o come un ricordo da cui fuggire via e che, ogni tanto, ribussa alla tua porta come fa il rigore di Baggio per chi l’ha visto (e pianto) in diretta.
I cugini d’oltralpe mi perdoneranno (anzi no), ma è davvero impossibile non fare il tifo per i ragazzi di Scaloni e, soprattutto, per Messi. Leo merita questo titolo, che non sarebbe certo un premio alla carriera. La Pulga ha dimostrato con classe, sudore e anche qualche parolaccia di esserselo guadagnato. È stato il genio a cui l’Argentina si è aggrappato in ogni momento difficile vissuto in questo torneo, e sono stati tanti. Valdano, che riesce a regalare frasi da ricordare ogni volta che apre bocca, ha affermato che le sue prestazioni sono una sfida al calcio moderno, dominato dall’esplosività, dalla forza degli Haaland e Mbappé.
Arriva Leo, e fa la rivoluzione camminando. Il suo trionfo sarebbe un canto del cigno per il calcio che fu, un omaggio a Maradona nel primo Mondiale senza di lui e una gioia irrefrenabile per il popolo che la merita più di tutti. Se avete utilizzato i social network anche solo un quarto d’ora a settimana nell’ultimo mese, sarete stati travolti da video degli argentini che fanno le cose più assurde mentre si commuovono per il Mondiale.
L’ Argentina, Messi, i Mondiali e il sogno di un popolo
Nessun’altra nazione ha vissuto il torneo con quest’intensità. Dal bimbo di due anni che riconosce ogni calciatore con tanto di soprannome, ai ragazzi che si conoscono ed innamorano mentre s’arrampicano su un semaforo, passando per il meraviglioso inno alla “tierra de Diego y Lionel” e la “abuela”, la regina delle feste il cui cuore non regge la visione della partita, ma sostiene senza affanni i festeggiamenti dopo il fischio finale.
Le esultanze di Cristina con mascherina e bandiera sono diventate un’icona del Mondiale: la porteña di 76 anni abita nel barrio di Liniers e, anche se tutti la chiamano nonna, dice di non aver avuto nipoti. Ora ne può contare circa 45 milioni.
Per Lei, per Leo, per Diego e per un’altra decina di ragioni, mi risulta impossibile non sperare che l’Argentina aggiunga una stella al suo stemma oggi pomeriggio. Mbappé, in fondo, il suo Mondiale lo ha già vinto, e potrà conquistarne altri. Questo lo merita l’Albiceleste.