La vittoria del Marocco segna un momento storico ai Mondiali. Per la prima volta una squadra africana raggiunge le semifinali.
Sembra essere passata una vita da quel Brasile-Zaire del 1974 quando un incredulo Rivelino, il quale si apprestava a battere una punizione dal limite, al fischio dell’arbitro si vide arrivare un avversario che calciò lontano il pallone.
Poi si scoprì in realtà la vera storia dietro quel gesto, così ‘ridicolo’ in prima impressione. Una storia tragica, legata a doppio filo alla sanguinaria dittatura che in quegli anni attanagliava il paese africano. Fatto sta che da allora, il calcio africano di strada ne ha fatta. Ed oggi, dopo 92 anni dalla prima volta che si sono disputati i campionati del mondo, una selezione della CAF raggiunge la semifinali. Marocco batte Portogallo e vola in semifinale dove già si sono qualificate Croazia e Argentina.
Che a farlo sia un paese che storicamente e culturalmente ha sempre orbitato più verso l’Europa che verso l’Africa, e che comunque è per retaggio da considerarsi decisamente mediterraneo, poco importa: il Marocco in semifinale è un successo per tutto il calcio africano. Un movimento che, dopo l’assegnazione del Mondiale nel 2010 al Sudafrica, vive forse il suo momento sportivamente più alto.
Ma non solo Africa. Il Marocco, per cultura, storia, religione, è un paese che è legato a doppio filo al medio oriente. Ed è motivo di grande gioia e orgoglio per tutti gli arabi che, proprio nel mondiale ‘casalingo’, anche qui ‘prima volta’, una nazionale anche araba possa aver ottenuto la qualificazione in semifinale.
Guai però a considerare il Marocco una nazionale totalmente outsider. Certo, nessuno alla vigilia avrebbe immaginato che Hakimi e compagni potessero eliminare il quotatissimo Portogallo dell’ultimo tentativo di CR7 di vincere un Mondiale. Stiamo però comunque parlando di una nazionale che da decenni è tra le prime del panorama calcistico africano.
Capace di vincere una Coppa d’Africa e le ultime due edizioni del Campionato delle Nazioni Africane (una Coppa d’Africa in cui però si possono convocare solo calciatori che giocano nei campionati nazionali, ndr). E capace anche di produrre calciatori, come il già citato Hakimi, ma anche una conoscenza della nostra Serie A come Amrabat, che da anni giocano stabilmente nei campionati dell’altra sponda del Mediterraneo. A dimostrazione che il Marocco più che una sorpresa è l’espressione di un calcio, quello africano ma anche quello arabo, che negli ultimi anni ha affrontato una crescita vertiginosa.
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