La Serie A era la meta preferita dei giocatori asiatici, mentre oggi è il campionato dei Top 5 che ne arruola di meno. Anche se al Mondiale stupiscono.
Qatar 2022 è il grande Mondiale delle nazionali asiatiche. Certo, finora nessuna ha ottenuto grandissimi risultati, ma sia Giappone che Corea del Sud hanno superato la fase a gironi (eventualità occorsa solo nel 2002 e nel 2010) e l’Iran ci è andato molto vicino. Volendo aggiungere anche l’Australia, che è iscritta all’AFC, i numeri migliorano ulteriormente.
Una crescita che si rispecchia nell’alto numero di calciatori asiatici nei principali campionati europei, alcuni dei quali (Son Heung-min su tutti) sono tra i migliori al mondo. Il campionato d’elezione dei giocatori orientali è senza dubbio la Bundesliga, dove militano ben due coreani, un iraniano (Azmoun) e addirittura otto giapponesi (come ad esempio Ritsu Doan del Friburgo).
Segue ovviamente la Premier League, con un iraniano, due giapponesi e un coreano. Ma anche Liga e Ligue 1 si difendono bene, rispettivamente con quattro e tre giocatori asiatici (tra cui Takumi Minamino). In tutto questo breve excursus dei principali campionati europei, appare subito chiaro una pesante assenza: quella della Serie A.
La Serie A ha perso il treno dei giocatori asiatici
Nel campionato italiano gioca infatti il solo Kim Min-jae del Napoli, a testimonianza di un paese che sembra aver sottovalutato la nuova generazione di calciatori orientali. Il che è abbastanza paradossale, se consideriamo com’era il trend tra gli anni Novanta e Duemila. All’epoca, da Miura fino a Nakata e Ahn, la Serie A era la meta preferita dei calciatori asiatici, poi qualcosa è cambiato.
Problemi economici, ma anche la rinuncia a inseguire un mercato molto profittevole sia come introiti per sponsorizzazioni sia sempre più a livello tecnico. Qualche nome non è mancato anche di recente, ma è stato solo di passaggio, se pensiamo a Tomiyasu e Yoshida. E tutto ciò sembra raccontare bene anche i problemi progettuali e di visione del calcio italiano.