All’umiliazione del secondo Mondiale da spettatori, si aggiunge il castigo dello stop al campionato. 30 giorni al tramonto…
Poco più di quattro anni fa, quando la Francia alzò la Coppa del Mondo sotto il cielo dello stadio Luzniki, il peggio sembrava alle spalle. L’umiliante sensazione di restare a guardare la festa dei Mondiali come un bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli l’avevamo superata: il fondo era stato toccato e potevamo cominciare la risalita. L’illusione, però, si è fermata a Wembley.
Il calcio, splendido e crudele, è riuscito a regalarci un’esperienza ancora più triste. Alla condanna di (almeno) 12 anni senza aver giocato un Mondiale, si aggiunge il castigo di quasi due mesi senza i nostri campionati nel bel mezzo della stagione. Le emozioni di Serie A e Champions sono state bruscamente interrotte per l’inizio di una competizione alla quale, nonostante siamo i campioni d’Europa in carica, partecipano tutte le nostre storiche rivali, tranne noi. Terribile.
Sperando di non trovarci di fronte ad altre rocambolesche beffe nel 2026 (restare fuori anche dal Mondiale a 48 squadre sarebbe… non trovo aggettivi), possiamo tranquillamente affermare che stiamo attraversando la peggiore sosta delle nostre vite e che, tra poco, si concluderà la sua peggiore settimana.
Questi giorni di stasi che procedono l’inizio delle danze, sono stati i più brutti. In un Mondiale normale (perché nei Mondiali normali l’Italia c’è) sarebbero stati quelli delle prime bandiere che comparivano sui balconi, dell’analisi di gironi e avversari, delle pianificazioni su dove e con chi guardare le partite. La Coppa del Mondo appassiona anche chi il calcio lo segue un mese ogni quattro anni, perché ogni sua gara è un pezzetto di storia. Anche se oggi ci pare un ricordo sbiadito, l’attesa del Mondiale è essa stessa il Mondiale.
Da domenica, finalmente, qualcosa cambierà. Inizieremo a rivedere calcio, a discutere di qualche polemica, esaltare qualche grande giocata, magari a fare anche il tifo per la nostra nazionale preferita. Insomma, ci distrarremo dalla noia mortale di queste ore nelle quali, per quanto mi riguarda, l’unica bella notizia è stata l’esordio di Simone Pafundi.
Non innamorarsi del suo sinistro è impossibile, e vedere un 16enne che scende in campo per la prima volta con la Nazionale deve essere un piccolo messaggio di speranza per il nostro movimento in questi giorni di torpore e delusione. Ne mancano altri 30 e anche questa brutta esperienza sarà passata. Sperando che il calcio, o chi per lui, non se ne inventi un’altra.
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