Rashed Al Hajjawi, giovane palestinese, oggi è alla Pro Vercelli e ha concesso un’intervista esclusiva a SerieANews.com
Oggi si parla di un giocatore giovane, che ha già scritto pagine importanti di vita e di calcio: si tratta di Rashed Al Hajjawi, che oggi ha quasi 16 anni ed è da poco arrivato alla Pro Vercelli. Rashed e la sua famiglia hanno alle spalle una storia particolare, fatta di tanti sacrifici. Sono della Palestina, ma sono vissuti di Iraq, Paese da cui la famiglia di Rashed è andato via quando il piccolo aveva 1 anno e 10 mesi. Prima di scambiare due chiacchiere con Rashed, ha preso parola il papà Mohanad, per parlare della loro storia: “Noi siamo una famiglia Palestinese che ha vissuto in Iraq. A causa della guerra siamo scappati in Norvegia e siamo stati lì per 8 anni. I miei figli sono stati cresciuti seguendo l’educazione norvegese. Parlano tutti il norvegese, anche il dialetto. Sono tutti entrati in varie accademie di sport, come per esempio di calcio e ice-hockey. Hanno frequentato delle scuole norvegesi e hanno imparato anche l’inglese lì. La loro madrelingua è araba e qui a scuola stanno studiando il francese e lo spagnolo. Per cui Rashed parla 6 lingue, compreso l’italiano”.
Dopo Mohanad, ha preso parola Rashed per parlare del suo percorso fino a questo momento. Della notizia di qualche anno fa di un approdo alla Juventus o al Nizza, ma anche dell’importanza dei sogni e soprattutto dei sacrifici per realizzarli. Come farsi 2 ore di treno all’andata e 2 ore al ritorno per un allenamento, tornare a casa e fare i compiti.
Prima della Pro Vercelli hai fatto anche un provino con il Nizza e con altri club.
“Ho avuto la fortuna di poter provare e fare esperienza in questa società, ma vincolarmi con loro sarebbe stato difficile. A Nizza, ad esempio, non potevo essere tesserato perché la legge stabilisce che fuori dall’Italia il giocatore si può trasferire solo dopo aver compiuto i 16 anni, cosa che non ho ancora fatto”.
Cos’hai trovato a Vercelli di meglio rispetto alle altre avventure?
“Vercelli mi è piaciuta molto a livello di società, giocatori e staff. Posso imparare molto dal Mister Stefano Melchiori che ha tanta esperienza essendo un ex giocatore di Serie A. Mi hanno subito fatto sentire come parte della società e ho voluto restare qui e crescere con loro”.
Rashed Al Hajjawi: “Juventus? Tante fake news su di me”
Tu e la tua famiglia adesso vivete vicino Torino. Puoi raccontarci come andò la storia della Juventus?
“Ci sono state moltissime notizie false su di me. Come per esempio che ho visitato Madrid, che sono nato in Norvegia, che ho incontrato Cristiano Ronaldo o che io abbia giocato a calcio nell’oratorio Valdocco a Torino ecc… Tutto ciò è falso. Io ero entrato nella Sisport, ma purtroppo per 2 anni non riuscivano a tesserarmi quindi non ho giocato partite ufficiali, solo partite amichevoli”.
A darti una mano è stato anche YouTube, per farti conoscere al mondo, attraverso le tue giocate. Senza quei video credi che le cose sarebbero andate diversamente?
“Sicuramente YouTube mi ha dato una spinta, perché mi ha esposto ad un numero più grande di persone, ma il resto è stato per conto mio. I video mi potevano portare fino ad un certo punto, poi da lì tutto si basava su di me. Io credo che se non ci fossero stati i video, sarei comunque riuscito a giocare ad alti livelli perché dietro a quei video, la parte che la gente non ha visto, è il mio l’impegno e sacrificio, passando ore e ore ad allenarmi sotto la pioggia e la neve”.
Ho sentito che ci metti 2 ore in treno per andare all’allenamento e altre 2 ore per tornare. Come ti senti quando vai al campo e pensi ai sacrifici che fai?
“È vero. Spendo tanto tempo delle mie giornate solo per i trasporti, ma è necessario. Si dice che uno dovrebbe fare tutto il possibile per fare ciò che ama, questo è il mio caso. Io amo il calcio e sono pronto a fare questi sacrifici e andare oltre. Per esempio nell’ultima stagione andavo a correre al mattino, tornavo a casa e poi andavo a scuola. Finita la scuola andavo subito in palestra. Poi la sera avevo un allenamento di calcio con la squadra. I giorni in cui non avevo allenamento con la squadra facevo o allenamento individuale o atletico”.
Ci sono tanti ragazzi come te che sognano di fare i calciatori professionisti e magari vivono situazioni difficili. Cosa ti senti di dire a loro?
“È molto importante avere un sogno e perseguirlo. Ci saranno tanti ostacoli, ma uno non deve mai arrendersi. Il mio sogno è ancora lontano ma pian piano ci arriverò”.
Ti chiamano “Il Messi della Palestina”. Cosa pensi quando senti questo soprannome?
“È un grande onore. Mi fa molto piacere essere accostato a uno dei giocatori migliori della storia del calcio. Sono stato accostato anche a tanti nomi come Chicharito, Cristiano Ronaldo, Kakà e, di recente, Neymar. Ma un giorno vorrei che tutti mi riconoscano come Rashed”.