Il silenzio degli arbitri fa più danni degli errori

Salutiamo l’ennesima giornata di veleni, polemiche e sospetti: cosa aspettano gli arbitri a metterci la faccia?

Ci siamo lasciati alle spalle una giornata di Serie A che ricorderemo a lungo. Quanto accaduto a Torino mina la credibilità del VAR sull’unico aspetto nel quale lo reputavamo infallibile o quasi, il fuorigioco. La nota dell’AIA ha chiarito che gli arbitri non avevano a disposizione l’immagine della camera tattica che inquadrava Candreva, ma la toppa è sembrata peggio del buco.

Juve-Salernitana in campo
Juve-Salernitana (LaPresse)

La linea dell’offiside è stata tracciata come se l’esterno della Salernitana non esistesse. Pare assurdo che nemmeno una telecamera a disposizione degli arbitri desse loro modo, almeno, di individuare la sua presenza e, dunque, di evitare il check, visto che era impossibile posizionare la riga con precisione. Come si poteva correggere “un chiaro ed evidente errore” in quelle condizioni?

Ci sono volute quasi 24 ore per confermare quella che, di primo acchito, era la spiegazione più banale: Banti e Meli si erano dimenticati di Candreva. L’eventuale disguido tecnico, (uno zoom di troppo) non cambia la sostanza: non tenere in conto l’eventuale presenza di un difendente vicino al battitore di un corner resta un errore. Che ci costerà dubbi, polemiche e tensioni su tutti i fuorigioco a venire.

L’avvento dell’offside semiautomatico potrebbe essere la panacea, almeno, di quest’aspetto del gioco, ma ne restano tanti altri. Senza andare troppo indietro nel tempo, basta analizzare l’altro disastro di giornata, la coppia Pairetto-Marino in Lecce-Monza, valutata, rispettivamente, con 3,5 e 4 in pagella dal Corriere dello Sport. Le loro decisioni sono state incomprensibili e, su tutte, spicca il fallo di mano di Pablo Marì, che avrebbero sanzionato anche senza VAR, in qualsiasi decennio e su qualsiasi campo del mondo. C’è un evidente problema di ricambio generazionale tra i fischietti, e per risolverlo servono tempo e riforme profonde. Ma come si possono far accettare errori così marchiani ai tifosi del Lecce? Come spegnere sospetti e inevitabili ipotesi di complotto?

Juve-Salernitana in campo
Juve-Salernitana (LaPresse)

Arbitri, è ora di parlare: ricordate Serra dopo Milan-Spezia?

La soluzione è semplice come lo era quella del caso Candreva: metterci la faccia. Siamo nel 2022, ormai comunica su ogni tipo di piattaforma praticamente chiunque, ma gli arbitri continuano a restare in silenzio. Rocchi aveva dichiarato ad agosto che i nostri fischietti “sono pronti alle interviste post-partita”, frase che al momento è rimasta una promessa. Il muro che li separa dal resto del mondo resta in piedi, e serve soltanto ad alimentare polemiche e ignoranza della materia.

Perché un arbitro che si presenta davanti alle telecamere per spiegare le sue decisioni, oltre a dare un enorme segnale di trasparenza, alla lunga avrebbe anche una fondamentale funzione didattica. Tifosi e giornalisti, nel tempo, imparerebbero a conoscere la ratio delle loro decisioni e aumenterebbe la padronanza diffusa di certi dettagli del regolamento (per esempio, il concetto di “impattare” utilizzato domenica sera). E, quando necessario, si potrebbe anche ammettere di aver sbagliato, di aver valutato male, magari anche chiedere scusa se il caso lo suggerisce. Ricordate Serra dopo Milan-Spezia? Lui ebbe il coraggio di farlo, e la polemica su un errore gravissimo si è spenta sul nascere.

È vero, in tutti i grandi campionati gli arbitri restano in silenzio, ma l’Italia è già stata un paese pioniere nei grandi cambiamenti del calcio moderno. L’amichevole con la Francia del 2016 giocata a Bari fu il primo test ufficiale del VAR, la Serie A fu tra i primi campionati d’Europa a introdurlo nel 2017 e, a gennaio 2018, Coverciano inaugurò il primo training center VAR al mondo. Cambiare è possibile. Basta volerlo.

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