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Calcio Estero

VIDEO | A casa dell’Independiente: tappa nello stadio e la storia del club

Siamo giunti alla terza puntata di “In casa delle grandi”, l’appuntamento dell’estate di Serieanews.com in viaggio per l’Argentina: tappa all’Independiente de Avellaneda.

Basta proseguire dritto dal Cilindro del Racing Club e improvvisamente si lascia Via Diego Milito per entrare in Via Ricardo Bochini. Un passo e cambiano completamente i colori così come la storia nella quale si entra. È tutto rosso, esaltante e imponente: è il mondo dell’Independiente de Avellaneda. Un club del quale tutti in Argentina, anche chi è pronto fermamente a negarlo, è un po’ tifoso o meglio ammiratore. Mentre le diverse società creavano la propria identità a inizio ‘900, Los Diablos Rojos si occupavano di far crescere il nome dell’Argentina calcistica nel mondo con trofei e record, che hanno portato questa società a essere per lunghi anni la più titolata al mondo.

Estadio Libertadores de America – Ricardo Bochini, Independiente de Avellaneda

Ne resto affascinata e la prima immagine sulla quale si posa lo sguardo è quella di Diego Armando Maradona accanto a Ricardo Bochini, “Dio” e “Genio” c’è scritto. La definizione si confonde per entrambi, perché ‘El Bocha’ non è soltanto il centrocampista offensivo più apprezzato della storia albicelestem è principalmente l’idolo del ‘Pibe de Oro’. La leggenda sportiva racconta infatti che Maradona sia stato in realtà prima tifoso del ‘Rojo’ e poi del Boca Juniors. In verità, come dicevamo, non strizzare l’occhio all’Independiente è davvero difficile.

Ancora oggi, nonostante le grandi difficoltà istituzionali e politiche che sta attraversando, mantiene il record ineguagliato di vincitore di 7 Copa Libertadores, di cui 4 consecutive. In Italia non è passato inosservato per aver conteso al Milan la definizione di più titolato di tutti, ma anche per la rete che proprio Bochini segnò alla Juventus durante una finale di Mondiale per Club disputatasi a Roma.

Il viaggio nel Libertadores de América: la casa dell’Independiente

Entrare al Libertadores de América è un’esperienza quasi formativa per un appassionato. Un impianto che già da fuori si rende assolutamente protagonista dello spazio che occupa con la sua forma rettangolare e i cancelli d’ingresso tappezzati di scritte e murales che ricordano le vittorie dell’orgullo nacional. È il primo stadio interamente in cemento del paese e oggi è noto anche come il Ricardo Bochini, tra i pochi ad avere uno stadio intitolato da vivo. Ci passeggi e immediatamente noti che, oltre gli spalti di fronte e le curve, ci sono altri due settori a forma circolare per i tifosi. Sembrano il palco di un teatro, ma in patria si sono spinti oltre, definendoli come le “gole del diavolo”. I cori che arrivano da lì non sono facili da ignorare per gli avversari.

I tifosi sono piuttosto esigenti e sarebbe difficile non esserlo, considerato che quel terreno è stato calcato da tanti, tantissimi campioni. Due su tutti: Diego Forlan, ceduto al Manchester United per 7 milioni di euro (all’epoca cifra piuttosto elevata) e Sergio Agüero, ceduto per la cifra e l’età record di 23 milioni all’Atletico Madrid appena 18enne. D’altronde, aveva debuttato appena a 16 anni con mister Ruggeri in panchina.

Estadio Libertadores de America-Ricardo Bochini, Independiente de Avellaneda

Tappa al quartier generale di Avellaneda

Se l’esperienza di attraversare il tunnel di ingresso e uscita dal Libertadores de América lascia una sensazione adrenalica, qualcosa di simile si prova spostandosi in auto al centro di Avellaneda, dove c’è il quartier generale del club. Ricordo di aver notato ancora tanti adesivi raffiguranti Maradona sui muri adiacenti all’entrata in sede. La devozione per Diego è particolare per l’Independiente: è fregiarsi di veder seduto accanto ai tifosi uno di loro. La dimensione ultraterrena del talento di Maradona è sostituita dalla passione umana che aveva per Bochini e il rapporto bellissimo sorto di riflesso con l’Independiente.

Col calcio non si scherza

Si salgono almeno quattro piani e altrettanti sotto livelli, perché la sede del Rey de Copas non soltanto ne conserva i trofei, che occupano mobili e mobili del primo piano, ma è anche il luogo dove si praticano le altre attività sportive. E mentre scruto date e nomi sulle coppe, chiudo con un’immagine su tutta. Il giorno in cui faccio visita al club è infrasettimanale e precede di poco quello del clásico contro il Racing Club. Così metto piede nel palazzo insieme a un fiume di tifosi: i soci. Sono lì per ritirare il loro biglietto e mi rendo conto di tutto quello che vorremmo: vivere il calcio come in Sudamerica. Il club è “cosa loro”, lo sostengono economicamente ed emotivamente. Dal primo giorno all’ultimo la storia è di chi la scrive in campo, ma resiste nel tempo grazie ai suoi appassionati. C’è una scritta che recita: “È assolutamente proibito indossare in sede indumenti sportivi con lo stemma di altri club”. E capisci che questo sport è davvero una religione. E allora vieni ad Avellaneda con me!

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Scritto da
Sabrina Uccello

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