Serie A, il provvedimento politico fa infuriare i club: il motivo

Proposte politiche potrebbero cambiare l’assetto economico della Serie A. Lo strumento che si sta analizzando però trova quasi tutti i club in disaccordo.

Se la Federazione ha impiegato meno di un secondo nel confermare la fiducia al Ct Roberto Mancini, dopo l’esclusione dell’Italia dai Mondiali di Qatar 2022, la stessa spinta non si è avuta rispetto al momento che vive il calcio nostrano. È chiara e lampante la necessità di provvedimenti che possano favorire una scossa e il miglioramento dell’assetto sportivo.

Theate e Vlahovic in campo
Theate e Vlahovic, Juventus-Bologna (LaPresse)

Nel mirino, racconta ‘La Gazzetta dello Sport’, è finito un emendamento del Decreto Crescita, che si starebbe rivelando controproducente per il calcio italiano. Il suggerimento sarebbe partito dal senatore Tommaso Nannicini, il quale richiama l’attenzione sulla norma che defiscalizza del 50% gli ingaggi degli atleti stranieri o anche non residenti in Italia da almeno due anni.

L’idea è porre uno sbarramento di 2 milioni di euro: al di sopra dei 2 milioni di euro lordi di stipendio resiste un vantaggio fiscale, al di sotto invece non è prevista nessuna agevolazione. Ciò sicuramente favorirebbe le grandi trattative, ma svantaggerebbe i club medi e/o piccoli. svantaggerebbe ponendo uno sbarramento al di sotto dei 2  lordi di stipendio annuo.

Gravina alla FIGC
Gabriele Gravina, FIGC (LaPresse)

Decreto Crescita: è caos in Serie A, ecco cosa sta accadendo

FIGC e Assocalciatori in questo momento appoggiano l’emendamento, sostenendo che, la sua applicazione fino allo stato attuale, sarebbe tra le cause che generano “effetti distorsivi depauperando la crescita dei talenti italiani”. Secondo loro, eliminare la norma, sarebbe una prima proposta in favore della crescita e dello sviluppo dei calciatori italiani. Tuttavia, stando ai fatti, non si tratterebbe di abolire un provvedimento bensì soltanto di porre una specifica che genererebbe delle grosse differenze tra le varie società.

La proposta sarà valutata dalla Commissione nei prossimi giorni, riferisce il quotidiano. Nel frattempo la Lega l’ha diffuso tra i vari club di Serie A. Ben 14 squadre su 20 si sono dette contrarie. Oltre alla beffa economica, c’è anche da sottolineare la natura poco realistica del provvedimento. Le società medio-piccole, infatti, sono ancora quelle che maggiormente provvedono a far giocare di più gli italiani. Quindi si tratterebbe soltanto di una penalizzazione sebbene involontaria a livello economico. Lo sottolinea, ad esempio, Stefano Campoccia, vicepresidente dell’Udinese: “Appare evidente un ingiustificato vantaggio fiscale per le società più grandi. Queste sono le uniche capaci di riconoscere retribuzioni già elevate ai propri calciatori”. Si attendono novità.

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