A pochi mesi dell’inizio dei Mondiali in Qatar una notizie colpisce l’organizzazione. E’ infatti stata effettuata una denuncia ufficiale.
Tra pochi mesi inizieranno i Mondiali in Qatar. Una massima rassegna iridata che vedrà tante novità, a partire dal fatto che per la prima volta si disputeranno d’inverno. L’Italia, dopo la clamorosa sconfitta contro la Macedonia del Nord, non ci sarà e, mentre la FIGC prova a ricostruire, per la seconda volta consecutiva i tifosi azzurri dovranno guardare il tutto dalla tv.
Sono Mondiali su cui però pesano anche tantissime ombre. A partire dalle tantissime polemiche sulla condizione dei lavoratori in Qatar. Il paese arabo infatti ha visto in questi anni di preparazione un altissimo numero di morti sul lavoro. Questo, unito a diverse leggi non proprio democratiche in vigore in Qatar, ha generato parecchie richieste di boicottaggio da parte di diverse associazioni umanitarie.
Ora, stando a quanto riporta l’AGI, sarebbe arrivata, da parte di Amnesty International, una denuncia ufficiale a pochi giorni dal sorteggio ufficiale. La nota organizzazione umanitaria ha infatti raccolto una serie di prove e testimonianze che mettono in imbarazzo l’organizzazione dei Mondiali.
Mondiali, Amnesty International contro le condizioni della vigilanza in Qatar
“Condizioni che equivalgono ai lavori forzati“, così Amnesty nel comunicato ripreso dall’AGI si riferisce alle condizioni di lavoro delle guardie addette alla sicurezza degli stadi. L’ONG, dopo aver intervistato 34 lavoratori appartenenti ad 8 società di sicurezza privata avrebbe riscontrato condizioni di lavoro che violano addirittura le stesse leggi del Qatar. Due di queste società hanno poi avuto il contratto rescisso dal Comitato Organizzatore.
In particolare viene contestato l’orario di lavoro disumano, con anche 12 ore consecutive, ma soprattutto la mancanza del giorno di riposto obbligatorio. Addirittura ad alcuni lavoratori, che sarebbero riusciti a farsi concedere tale giorno, sarebbe stato decurtato il salario. Per le leggi qatariote il limite massimo è 60 ore settimanali e un giorno di riposo, ma alcuni lavoratori, per la totalità immigrati, avrebbero lavorato anche 84 ore a settimana senza usufruire di un solo giorno di riposo per tre anni.