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Opinioni & Rubriche

Diario dall’Argentina, un arrivederci a Buenos Aires

Giunti all’ultimo appuntamento con “Diario dall’Argentina” percorriamo le strade di Buenos Aires ed esploriamo la sua cultura.

È quasi mezzogiorno di una domenica mattina e, mentre la scuola americana sotto casa è aperta perché sede elettorale, la gente cammina per andare a votare e non fa caso alla musica da tango che si sente tutti i giorni dalle dieci del mattino fino alle sei del pomeriggio. Proviene dalla bottega di un vecchio ciabattino, che offre riparazioni per le scarpe e un po’ di anima porteña. 

Novembre 2021 – Buenos Aires

Se sei della capitale, che rispetto alla provincia è indubbiamente uno status sociale, hai sicuramente una foto di Carlos Gardel appesa alla parete del tuo negozio. Si tratta del simbolo internazionale del tango, assunto col tempo a idolo nazionale, perché dell’Argentina incarna il ritmo passionale e l’eleganza innata.

L’europea Buenos Aires

Arrivando a Buenos Aires, in effetti, puoi respirare un’aria cosmopolita però borghese. Nel centro della città la gente è indaffarata ma più fiera che stanca per quello che fa. Ricorda da vicino gli italiani per lo spiccato senso critico nei riguardi di tutto ciò che propone e produce il paese. Ma anche la necessità irrefrenabile di difenderlo come il migliore e creatore della maggior parte di quanto di buono si possa trovare in giro. Un contrasto al quale noi siamo piuttosto abituati. Ed è ancora più facile sentirsi simili se poi si guarda in faccia l’interlocutore casuale: siamo completamente uguali. È una stranissima sensazione quella di trovarsi dall’altra parte del mondo e vedere volti identici a quelli che potremmo incrociare a Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Palermo… La città è sfrontatamente il pezzo che manca per completare l’altro stivale dell’Italia. E se proprio non volessi farci caso, dovresti per la quantità indefinita di cognomi sulle insegne dei negozi e i ristoranti che accennano alla provenienza geografica tricolore. Nel mio caso, ad esempio, mi ha richiamato l’attenzione una trattoria dal nome “Gambrinus”, lo stesso di uno dei caffè più importanti di Napoli. Storico locale partenopeo e storico locale anche bonaerense. È decisamente qui che finisce la casualità e comincia il destino.

Cervecería Gambrinus, Buenos Aires – Novembre 2021

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La cosmopolita Argentina

Ci sono così tanti polmoni verdi distribuiti per una città caotica e trafficata che più che l’Italia, col tempo, comincia a ricordare la Germania. Nella maggior parte dei barrios del centro, c’è tanto dell’Europa settentrionale. Edifici moderni ma non eccessivamente alti, a seconda delle zone, e molto funzionali. Tuttavia, ciò che ti ricorda dove ti trovi, è la tradizione che non manca negli schizzi d’arte. Buenos Aires è colma nelle facciate dei palazzi di motivi decorativi del posto, il ben noto fileteado. Lo guardi e ricordi che non sei ad Amburgo o a Lipsia, ma ti trovi esattamente nella capitale argentina, colorata e sconfinata. Accanto a un edificio composto da appartamenti da grandi vetrate e ampi ingressi c’è sicuramente un locale storico che ti risveglia l’attenzione e rammenta che hai viaggiato per più di qualche km. Ciò che Buenos Aires non ha inventato, ha importato e fatto proprio per cui la stessa cultura spagnola e/o italiana è rivisitata in una chiave che diventa tipica del posto. 

Sotto l’Obelisco

È difficile andare in un posto e definirlo come “il centro” perché sono tante le piazze e le avenidas che costituiscono venature fondamentali nel tessuto della città, ma è chiaro che, se dovessimo disegnare un simbolo, raffigureremmo l’Obelisco. È più interessante il cammino per arrivarci che vederlo da pochi metri di distanza. Il monumento costruito per festeggiare il quarto centenario della fondazione della città si trova fra l’Avenida Corrientes e la 9 de Julio, unendo così due dei posti di maggiore via vai. Tutto il cammino da percorrere, anche in zona pedonale, per arrivare sotto l’Obelisco è un corridoio di teatri, librerie e ristoranti. Passeggi e ai tuoi lati hai un suggeritore o meglio un contenitore di tutto ciò che puoi trovare in città. Risalto due ambienti su tutti: lo storico caffè La Giralda, un posto dove la gente si riunisce a leggere o a sorseggiare la tipica cioccolata calda da accompagnare coi churros, e il Teatro Colón, definito “all’italiana” per la sua struttura, è uno dei teatri d’opera e di lirica più grandi al mondo, nonché il più importante del continente sudamericano. Si respira l’arte e quel tocco di nobiltà che in realtà riconosci nella filosofia di vita di molti cittadini di Buenos Aires. Quando poi sei sotto l’Obelisco, compi un salto. Dalla città d’arte ti sposti alle pendici della modernità più assoluta, declinata in un’accezione positiva e negativa: traffico, rumori, clacson quindi smog ma anche la sensazione di essere nell’ombelico del pianeta muovendo i tuoi passi piccoli rispetto al gigantismo degli alberi, dei grattacieli e di quel monumento tra i giardini. D’altronde, Plaza de la Republica è una delle più estese dell’occidente: vi sfido ad attraversarla in cinque minuti! 

Passeggiare a Buenos Aires

Buenos Aires è il centro nevralgico del settore terziario del paese e perciò anche polo turistico. Ne è consapevole e quindi ci sono attrazioni di ogni tipo, che suggeriscono anche la grande apertura a tutte le culture. Sarebbe limitante riferirci a Italia e Spagna, perché diffusissima è anche la comunità ebraica e araba nel senso più esteso così come, chiaramente, quella statunitense ma in una misura decisamente ridotta rispetto ad altri posti che ho visitato. C’è grande propensione ad espandersi sempre di più, a essere terra delle libertà. Mi sorprende la cura degli ambienti, la pulizia delle strade.

Tutti i posti del mondo hanno una periferia, persino il cuore ne possiede una, spesso destinata a dormitorio o povertà. Quella di Buenos Aires è estesa seguendo proprio la stessa misura della sua grandezza, ed è operaia e stanca come si può immaginare. Proprio lì opera il Fútbol, che, quando non può essere ricchezza, è fierezza ed orgoglio. Il calcio in Argentina declina perfettamente le città che rappresenta: è orgoglioso, ha la sua storia e se ne prende cura. Te la racconta, senza che la leggi, ed è profondamente identitaria al punto da rendersi inconfondibile.

LEGGI ANCHE >>> Diario dall’Argentina: perché il rito del mate batte il caffè

Il nostro viaggio insieme è durato cinque settimane e credo di non essere riuscita a raccontarvi nessuna delusione o aspetto negativo di questa capitale. Sicuramente ce ne sono, ma non c’è motivo valido per rubare spazio alla bellezza. Abbiamo passeggiato e mangiato insieme, siamo andati allo stadio e abbiamo sorseggiato del mate. Potremmo sederci adesso, ma perché? Questa rubrica si ferma soltanto per fare spazio ad altre sorprese. E io vi aspetto, curiosi e spensierati. Insieme a me. A Buenos Aires, chiaramente.

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Scritto da
Sabrina Uccello

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