L’Italia ha sottovalutato un girone alla portata e ora rischia una mazzata terribile per il suo calcio: almeno 12 anni senza un Mondiale.
Il concetto di ‘carro’ è tornato prepotentemente di moda, negli ultimi giorni, in Italia. È il manicheismo applicato al pallone: o sei con Mancini, o sei contro di lui. Il disastro della Nazionale finita agli spareggi, perché di questo di tratta, non può però essere analizzato in maniera così semplicistica.
Nessuno può permettersi di mettere in discussione il miracolo sportivo firmato dal ct a Euro2020. Per me, come scrissi su queste pagine, Mancini aveva già vinto l’Europeo ancor prima di cominciare a giocarlo. Ha raccolto un’Italia allo sbando, la peggiore in sessant’anni, le ha ridato un gioco e, soprattutto, un’anima.
Il trionfo di Wembley è giunto grazie ad alcune prestazioni straordinarie e a un po’ di fortuna, quella che ha sempre accompagnato i campioni. Illuderci che quelle notti magiche, però, abbiano cancellato i difetti del nostro pallone è stato un grave errore. L’Italia resta periferia del calcio che conta. Dobbiamo esserne consapevoli per iniziare a risalire la china.
L’assenza del vituperato Ciro Immobile, che avrà dei difetti ma in carriera ha segnato oltre 250 gol, ci ha mostrato chiara la voragine presente alle sue spalle. Il nostro movimento fa un’enorme fatica a sfornare talenti di livello internazionale e in attacco, praticamente, non ci riesce più. L’attesa per Lorenzo Lucca, 21enne che finora ha fatto la differenza solo in B e in C (e per il quale il sottoscritto stravede) è la cartina al tornasole della situazione.
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Le assenze e i rigori sbagliati hanno influito, certo, ma se l’Italia dovrà soffrire fino a marzo è soprattutto per la sua mancanza di concretezza sotto porta. Nelle cinque gare di qualificazione giocate da settembre, tolta la manita alla Lituania, sono arrivati quattro pareggi, con appena due gol segnati. Un’involuzione assurda.
L’errore più grave, per me, è aver dato per scontato un obiettivo che non lo era affatto. Fino al pareggio con la Svizzera, quasi nessuno in Italia si preoccupava del pass Mondiale, come ha candidamente ammesso lo stesso Mancini. La sbornia estiva ha cancellato la lezione del 2017, e questa presunzione l’abbiamo pagata carissima.
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La consapevolezza dei limiti e dei difetti oscurati dall’Europeo doveva portare ad una tensione diversa intorno alle sfide con Bulgaria, Svizzera e Irlanda del Nord. L’Italia non è la Francia, non può permettersi di sottovalutare alcun rivale. Non ha gli uomini in grado cambiare la gara in 10 minuti come fanno i transalpini.
Aver fallito la qualificazione in un girone così agevole è perdonabile solo in un modo, quello più banale: qualificarsi in primavera. Mancini ha ostentato nuovamente sicurezza e finora ha avuto sempre ragione, ma il percorso sarà impervio e la posta in palio altissima. Restare fuori dal secondo Mondiale consecutivo significherebbe attendere (almeno) 12 anni dall’ultima partecipazione. Un’intera generazione di bambini non vivrebbe le emozioni uniche di questa competizione e finirà per continuare a preferire i videogiochi al calcio vero. Sarebbe una mazzata terribile. Forse definitiva.
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