L’intervista esclusiva all’allenatore Ezio Rossi, che può considerarsi il vero scopritore del talento di Juniors Messias, nuovo calciatore del Milan.
Arrivare a 20 anni in Italia col sogno di diventare calciatore può essere veramente troppo tardi. Se hai talento, ma non hai chi ti aiuta a mostrarlo allora facilmente cambi strada e diventi qualcos’altro, un fattorino, per esempio. È iniziata così la vita italiana di Junior Messias, il quale non poteva immaginare di ritrovarsi in Champions League col Milan soltanto 10 anni dopo. In questi casi, sono davvero un soffio. Tutto è cambiato grazie all’impegno e al talento, ma anche a un incontro speciale, quello con mister Ezio Rossi. È stato lui, infatti, a notarlo durante una partita di un campionato amatoriale e l’ha voluto con sé tra i professionisti al Casale, in Eccellenza. L’ascesa dell’attaccante brasiliano parte in questo modo, fino alla Serie A.
A raccontare a serieanews.com in esclusiva di quell’incontro rivoluzionario è stato proprio Rossi, attuale allenatore del Città di Varese.
A 24 anni Messias era ancora nel campionato amatoriale eppure lei seppe notarne le qualità da professionista. Cosa la colpì?
“Ho notato l’atteggiamento, la prima volta, oltre alle doti tecniche, evidenti. Lo menavano, lo pigliavano a botte, si rialzava e non diceva una parola. Poi anche l’intelligenza tattica, subito si vedeva che si metteva bene col corpo, sempre in posizione corretta per ricevere palla. Ma sopratutto l’atteggiamento, si vedeva già che era un ragazzo a posto”.
Come fu l’esperienza al Casale, in Eccellenza? Su cosa lavorò per renderlo pronto?
“Lavorai sul renderlo professionista e professionale. Ero in Eccellenza ma allenavo come se mi trovassi in Serie A e B, come mi è capitato. Ricordo, ad esempio, che nella finale di Coppa Italia di Eccellenza, visto che nell’ultimo mese per due mattine era rimasto addormentato e quindi non si era presentato in allenamento, lo lasciai in panchina. Persi la finale, ma credo di aver costruito un giocatore soprattuto nello spirito e nella professionalità”.
Ha sempre creduto che potesse arrivare così lontano? Perché?
“Ho sempre creduto che arrivasse così lontano. Forse arrivare in Champions, in quel caso è una questione di particolari, ma che potesse fare la Serie A sì, infatti lo consigliai al Genoa e all’Atalanta, al Torino. Tutti parlano delle sue qualità fisiche, ma le doti sono anche tecniche. È un giocatore estremamente resistente e con grandi capacità aerobiche, e allo stesso momento molto veloce, questi due fattori fanno sì che sia una rarità nel calcio. Le ha ai massimi livelli. Avendo allenato dalla A all’Eccellenza credo di saper valutare queste cose e perciò vedevo uno calciatore che potesse arrivare veramente ad altissimi livelli”.
Com’è il vostro rapporto oggi, vi siete parlati dopo il grande passaggio al Milan?
“Il mio rapporto con lui è quello di un orso, che sono io, con un ragazzo introverso e timido. Ci scambiano qualche messaggio durante l’anno. Io gli feci i complimenti per l’esordio in B e in A, dicendogli che il giorno più difficile sarebbe stato sempre il successivo. Gliel’ho detto anche adesso. Ha raggiunto un traguardo che deve essere solo da stimolo per fare sempre meglio. In questo credo che lui sia forte e spero di averlo sempre consigliato bene, visto che è arrivato con scetticismo prima a Casale poi a Crotone. In Serie B dicevano: “Da dove arriva questo?”, oggi al Milan dicono: “Ma cosa può fare uno come Messias, che arriva dal Crotone?”. Ma lui è sempre stato bravo a smentire tutti”.
Cosa si aspetta che possa raggiungere in rossonero, riuscirà a farsi valere?
“Mi auguro che sia una sorpresa per i tifosi del Milan che sono scettici nei confronti di questo ragazzo. Credo che tra due mesi si conquisterà il posto, giocherà con continuità e ad alternanza perché la competitività è alta. Lo vedo come esterno destro in alternativa a Saelemaekers e magari qualche volta da trequartista. Sono convinto che nel giro di due mesi con l’ambientamento e un allenatore bravissimo come Pioli s’inserirà anche in quell’ambiente che pesa, perché San Siro pesa, giocare lì pesa ma ha la forza d’animo per potercela fare”.
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