Perché la prossima può essere una delle Serie A più combattute degli ultimi anni, nonostante il calciomercato di riciclo
Un paio di colpi, qualche addio illustre e società ancora paralizzate dalle conseguenze economiche della pandemia. Senza girarci troppo intorno, quello della Serie A è stato un calciomercato di riciclo, che rischia di restare tiepido anche nei suoi momenti finali. Eccezion fatta per due-tre nomi da prima pagina (vedi Abraham, Locatelli o Calhanoglu), il tema comune per le società italiane è stato l’usato sicuro. Soprattutto se a basso costo. Basterà dare un’occhiata a qualsiasi tabellone acquisti-cessioni, per accorgersi che anche i top club hanno faticato a chiudere una campagna degna del rispettivo blasone.
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Eppure, non bisogna temere troppo il rischio di annoiarsi nel corso della prossima stagione. Come gongola il principale broadcaster della Serie A, il nostro è pur sempre il campionato dei campioni d’Europa. E in particolare, un campionato che ha vissuto una vera e propria rivoluzione tecnica, in seno alle proprie panchine. Se teniamo fuori le neopromosse, soltanto Atalanta, Milan, Bologna, Genoa e Udinese hanno confermato le guide tecniche dello scorso anno. Mentre le restanti hanno stravolto il mercato allenatori, con accoppiamenti quasi generati da un videogame e con uno dei cambi di guardia più corposi degli ultimi anni.
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Il jordanesco ritorno in Serie A di Mourinho, Sarri, Allegri e Spalletti basterebbe da sé come tema sul quale impostare la vostra hype per il prossimo campionato. A questo, però, aggiungeteci la rivoluzione (al ribasso?) dell’Inter di Inzaghi e le panchine girevoli che hanno portato i promettenti Italiano e Juric in due piazze dal potenziale dormiente, come Fiorentina e Torino. E se non bastasse, aggiungeteci anche l’approdo in Serie A di una nuova generazione di allenatori (su tutti Dionisi e Zanetti) pronti a dare battaglia ai volti noti e a qualche grande vecchio del nostro calcio.
Nel migliore degli scenari, la prossima Serie A si preannuncia come una delle più interessanti, imprevedibili e combattute degli ultimi anni. Mourinho e Sarri lanciano definitivamente le capitoline, e poco più a sud Spalletti riporta il Napoli ai piani altissimi del campionato (per gioco e piazzamento). La Juventus si riscopre solida e allegriana, mentre l’Inter di Inzaghi si dimostra capace di assorbire gli addii di Conte, Hakimi e Lukaku e difendere il titolo di campioni di Italia. Il Milan e l’Atalanta, dalla loro, si confermano ai livelli mostrati nel corso dell’ultima annata, se non più mature ed esperte a certi ritmi della stagione.
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Insomma, sette squadre per i primi 3-4 posti della griglia. Senza contare le possibili sorprese, con Fiorentina, Sassuolo e Torino tutte candidate come outsider per un ruolo da non-protagonista nella parte sinistra del tabellone. Uno scenario fin troppo roseo, ma che ci spinge ad immaginare una Serie A dove la competitività non viene più dettata al ribasso. Dove credere in una lotta Scudetto aperta sino ad inizio maggio non sia un pensiero da terrapiattista. Dove le tante scommesse e i tanti nomi riciclati dal mercato possano rivelarsi acquisti azzeccati e un raggio di sole per alcune carriere ormai giunte al tramonto.
Quest’anno è possibile immaginarlo. Bisogna farlo. Al di là del calcio d’agosto. Al di là della pandemia. Al di là delle liti in tribunale. Altrimenti cosa resterebbe della nostra Serie A, se non un vecchio, grosso e malinconico circo in rovina?
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