Questione di ore per il passaggio di Messi al Psg: più che il transfert del secolo è la nascita della Superlega. Quella del Golfo Persico
Il passaggio di Leo Messi al Psg ha preso forma, probabilmente, il 5 gennaio scorso. Non con una trattativa o con una mega-offerta: e neppure con un qualche sotterfugio teso a fregare il Barcellona.
Il trasferimento del più forte giocatore vivente è nato da un abbraccio: quello che il 5 gennaio scorso c’è stato ad al-Ula, una cittadina dell’Arabia Saudita nord-occidentale che Leo Messi, forse, non conoscerà mai. In quella circostanza il giovane emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani (l’uomo nella foto di copertina) ha abbracciato chi lo ha ricevuto in prima persona, il potente principe reggente saudita, Mohammed bin Salman. Quel gesto d’affetto mise fine all’embargo che gravava sul Qatar da tre anni, dopo che gli equilibri dell’area rischiavano di saltare proprio per le posizioni qatariote sul sostegno alle rivolte in alcuni paesi arabi.
Da quel momento, i rapporti tesi tra il Qatar, l’Arabia Saudita e soprattutto gli Emirati Arabi Uniti tornano verso il sereno, mentre al-Thani si ritrova consolidato l’asse con Turchia ed Iran, oltre ad un partner europeo con quale il legame commerciale e politico si moltiplica ogni anno di più. La Francia.
Per volume di scambi commerciali, il Qatar è il primo partner dell’area del Golfo con Parigi, le partecipazioni dei fondi qatarioti in Francia hanno un volume di influenza che non coinvolge più solo il business: si rivolgono alla politica ed alla cultura, con un radicamento sempre più importante. Quella che è, ormai, denominata come ‘islamizzazione della Francia’ è raccontata anche in un libro-inchiesta dei giornalisti Christian Chesnot e Georges Malbrunot: ‘Qatar Papers’ (edito in Italia da Rizzoli) dove si svelano gli interessi ed i conti della potentissima ong qatariota, la Qatar Charity.
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Mi scuso per il lungo prologo: senza il quale non si può partire con l’assunto che si vuole dimostrare. Perché una Superlega è nata con Messi. La Superlega del Golfo: una lega capitanata dagli Stati del Golfo Persico, con qualche intromissione proveniente dalla Russia (Chelsea) e da un’Inghilterra dove, invece, sono fortissimi gli interessi proprio degli Emirati Arabi. Perché possiamo credere alle coincidenze: ad oggi, il City di Guardiola (padre calcistico di Messi) si è tirato fuori dalla corsa all’argentino. Quel City che appartiene proprio alla famiglia regnante degli Emirati Arabi. Singolare coincidenza che dopo anni di corteggiamenti, nel momento dell’opportunità, il City possa spendere centinaia di milioni per Grealish e Kane e non prevedere Messi nei suoi piani.
Possiamo, appunto, credere alle coincidenze: oppure, immaginare che Messi rientri nell’accordo di ritrovata amicizia nei paesi del Golfo, gli stessi che vogliono veicolare un messaggio di grandezza anche attraverso lo sport. Come, con Al Jazeera, il più grande gruppo di diffusione di notizie del mondo arabo: Al Jazeera è qatariota, come lo è la sua diramazione sportiva, BeIn Sport, il cui presidente è Nasser Al-Khelaïfi: lo stesso del Psg. Un’altra coincidenza, nella stagione che porterà al più grande evento sportivo del mondo arabo: il Mondiale proprio in Qatar nel 2022.
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Una Superlega del Golfo c’è, fondata sul potere della ricchezza che arriva dal petrolio, dal gas naturale, dai fondi di investimento e su cosa significa governare su tutto il mondo arabo, su come si cerchi, anche, di svilupparne il potere.
In tutto questo, Aleksander Ceferin tace: il Presidente della Uefa sta zitto di fronte alle spese senza limite, dopo aver (come hanno spiegato tanti economisti) svilito il Fair Play Finanziario. Anche qui, se vogliamo credere alle coincidenze: facciamolo. All’alba della Superlega, quella caldeggiata da Juventus, Real e Barcellona, l’avvocato sloveno si batté come un leone, offendendo tutti, soprattutto l’ex fraterno amico Agnelli. All’epoca, anche qui scrissi di come l’idea di una competizione su inviti mi provocasse ribrezzo. Lo penso ancora.
Ora, però, bisogna far fronte ad una lotta che vede Ceferin, anche passivamente, schierato con la Superlega del Golfo. Qualcosa che sta provando a cancellare la storia del calcio così come la conosciamo, peggio, anche, della Superlega ideata da Agnelli e Florentino Perez. Anche qui, se non vogliamo credere alle coincidenze, è arrivato il momento di chiedere a grandissima voce le dimissioni di Ceferin.
I patron di Juve, Real e Barcellona sono consci del pericolo, consapevoli di poter diventare provincia di un impero che scappa, definitivamente, dalle loro mani. Si rivedranno, cercheranno di trovare una strategia per affrontare l’altra Superlega, quella del Golfo, quella che li ha fregati. Di brutto. La loro colpa è quella di aver avuto la presunzione di immaginare che il loro nome, il loro blasone, l’esser ‘benchmark’ di questo sport bastasse a consentire di trovare la soluzione ad un problema, quello finanziario, che hanno creato e che ha consegnato il calcio al Golfo Persico.
Se ripartiranno da questa concezione, da questi presupposti, hanno già fallito. Allarghino la base del ragionamento, ripartano dal merito, trovino nuovi e forti alleati politici, restituiscano l’idea che il calcio sia di chi lo ami. Il rischio che questo sport scivoli sempre più verso nel cono d’attrazione e di passione del mondo arabo è concreto, la gestione scellerata di patron come Agnelli ha contribuito al processo di allontanamento del calcio dalle sue radici.
Messi al Psg è l’ultimo grande avvertimento: provate ora a fermare la Superlega del Golfo o non la fermete più.
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