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Durante: “In Italia tanti falsi scienziati. Brasile? Occhio alla covata 2004” | ANews

L’agente Sabatino Durante, esperto di Sudamerica: “Il problema del calcio non sono i procuratori. Qui regole inique e valutazioni sbagliate”

Prendendo spunto dall’imminente calcio d’inizio del campionato brasiliano, da sempre vetrina per alcuni fra i migliori talenti del panorama mondiale, SerieANews.com ha contattato l’agente FIFA Sabatino Durante, grande esperto di mercato sudamericano e di quello brasiliano in particolare.

Durante ha risposto ad alcune domande sui giovani prospetti, sui recenti flop verdeoro in Italia e sulle evoluzioni normative del ruolo dell’agente, non risparmiando qualche frecciata alle istituzioni del football, italiane e internazionali.

Questa domenica inizia il Brasileirao 2021. Quali sono i talenti più interessanti a suo parere?

“Posso nominarne, fra i tanti, due già bloccati dal City di Guardiola: Kayky e Metinho del Fluminense. E aggiungo un argentino che gioca in patria all’Estudiantes: Dario Sarmiento, anche lui destinato a finire ai Citizens. Sono tre giovani dotati, di una buona annata, la 2003: alcune squadre italiane li avevano anche individuati, ma poi per vari motivi non sono riuscite a portarli a casa.

Poi c’è la covata del 2004 che, secondo me, ha talenti eccezionali soprattutto in Brasile. Ma non credo che verranno in Italia, perché non sappiamo crescere e valorizzare i giovani. E perché la barriera degli slot extra-UE è un metro di selezione iniquo e senza senso, che ci mette in posizione di svantaggio rispetto ad altri Paesi”.

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Guardiola e Gabriel Jesus (Getty Images)

“Gabriel Jesus poteva finire all’Inter, poi lo chiamò Guardiola e scelse il City”

Pensa siano questi i motivi per cui negli ultimi anni il flusso di sudamericani, e soprattutto di brasiliani, verso il nostro campionato si è notevolmente ridotto?

“Sì, ma non solo. C’è anche che il nostro calcio ha perso appeal. Un esempio, che non è l’unico ma è molto emblematico: Gabriel Jesus dal Palmeiras poteva andare all’Inter, ma scelse il City perché Guardiola, sempre lui, lo chiamò, lo rassicurò e gli disse che ci contava. 

Noi in Italia prendiamo senza problemi tanti calciatori extracomunitari al primo tesseramento, ma blocchiamo chi è già tesserato. E si presuppone che un giovane tesserato in una squadra abbia fatto il settore giovanile, abbia una base tecnica e fisica, mentre chi non ha avuto modo di giocare in una struttura organizzata sia un po’ meno preparato. 

Per questo le nostre squadre sono piene di africani: in Africa sappiamo che ci sono poche strutture calcistiche con tradizione e qualità, mentre i sudamericani, sempre per la regola degli slot extra-UE, vengono ‘stoppati’, pur avendo basi generalmente migliori”.

Però ci sono anche giocatori di talento che sono arrivati in Italia dal Brasile e non sono riusciti a incidere. Penso a Gabigol, Paquetá, Pedro…

“Gabigol era un ‘Lautaro’ e lo hanno fatto giocare sempre da tornante a destra, totalmente fuori ruolo, dopo averlo presentato in pompa magna come il nuovo Ronaldo.

Paquetá c’entra poco con il calcio italiano, lui è un trequartista che deve partire da 20-30 metri e può giocare dietro una prima punta di peso che lo manda dentro. Da noi il trequartista, il numero 10, è in realtà un ‘9 e mezzo’, come diceva Platini. Se ricordate anche Rivaldo aveva fatto faville a Barcellona, poi arrivò al Milan da pallone d’oro e fece poco. Era molto più forte di Paquetá, ma pure lui fece fatica a fare il trequartista da noi. 

Quanto a Pedro, veniva da un infortunio al crociato. Prima di quell’infortunio, il Real Madrid aveva messo sul piatto 50 milioni di euro: la Fiorentina lo prese per 15 milioni perché avrebbe dovuto aspettare il suo recupero, cioè 18-20 mesi. Invece lo mandò presto in campo perché le cose alla Viola non andavano bene e lui, semplicemente, non era pronto”.

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Intende dire che in Italia c’è troppa fretta?

“Da noi anche Coutinho non è stato apprezzato, Gerson non ha avuto successo… Cou ha fatto la carriera che sappiamo, Gerson è al Flamengo con cui ha vinto tutto in Brasile, più una Libertadores e ha perso contro il Liverpool di misura la finale del mondiale per club. Oggi Real Madrid e Olympique Marsiglia se lo contendono: l’ultima offerta è di 35 milioni, tanta roba in era pandemica. 

Forse abbiamo sbagliato le valutazioni? Forse nel nostro calcio ci sono tanti falsi scienziati? Prendiamo Arthur: è un metronomo, che distribuisce rapidamente palla ma a corto raggio. Pirlo in un’intervista disse che gli mancava il lancio: una ovvietà, evidentemente non conosceva il giocatore. Saremo un po’ supponenti e approssimativi?”.

Sembra andare meglio con gli oriundi in Nazionale, come Jorginho, Emerson e Toloi. È un trend destinato ad avere successo anche in futuro?

“Jorginho è venuto in Italia a 15 anni, Emerson Palmieri viene dal Santos ma nessuno si aspettava che facesse bene: era un ‘signor nessuno’, quindi ha avuto il tempo per adattarsi ed esprimersi. 

Toloi aveva qualità, ma faceva spesso errori di concentrazione sia al San Paolo che alla Roma, poi ha incontrato Gasperini che ne ha corretto i difetti ed esaltato le qualità. 

Sono tre giocatori che in Brasile non erano quotati e che hanno avuto il tempo di maturare, quindi tre esempi che convalidano quanto detto sopra: non abbiamo avuto pazienza con altri giocatori che sono arrivati con molte aspettative e, almeno in partenza, più talento”.

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Gabigol e Gerson con la maglia del Flamengo (Getty Images)

“Riforma FIFA sul ruolo degli agenti? Chiacchiere al vento”

Dato che pure la Copa America è alle porte, vuole anticiparci quali sono i calciatori (magari anche meno conosciuti) da tenere docchio?

“Io li tengo d’occhio, ma per ora non ne parlo in pubblico (ride, ndr)”.

In chiusura, una domanda di carattere ‘politico’. Ormai da tempo si discute molto del ruolo degli agenti, tanto che c’è un progetto di riforma della FIFA (in fase molto avanzata di discussione) sulla regolamentazione del mestiere e sui tetti alle commissioni. Cosa ne pensa? Potrà servire a frenare le spese fuori controllo e prevenire gli abusi come auspicano a Zurigo?

“No, sono le solite chiacchiere al vento, demagogia da quattro spicci. Il problema del calcio non sono né gli agenti né le loro commissioni. Tanti giocatori, soprattutto in Sudamerica, o comunque in Paesi dove i ragazzi per continuare con il calcio hanno bisogno di chi li aiuta finanziariamente, trovano negli agenti un sostegno. 

Poi, come in tutte le professioni, c’è chi è bravo e chi no, chi ruba e chi è onesto. Ma i problemi del calcio sono altri. Blatter è stato il presidente che ha voluto far passare gli agenti come il danno del calcio, ma poi la realtà ha detto che il problema più serio erano lui e i suoi compari. O sbaglio?”.

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Scritto da
Alessandro Catanzaro

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