In occasione della presentazione del film sulla sua vita per Netflix, Roberto Baggio ripercorre alcune tappe della carriera e parla del rapporto con Mazzone.
Dal 26 maggio chiunque si collegherà alla piattaforma streaming Netflix potrà rivedere per qualche ora Roberto Baggio. Il Divin Codino, lontano dalle scene e dal mondo del calcio praticamente dal momento del suo ritiro da calciatore, si è concesso a un’autobiografia attraverso il film a lui dedicato. La sua carriera sarà ripercorsa insieme ad alcuni episodi della vita personale dell’ex giocatore, che aiuteranno anche a comprendere di più questo affascinante personaggio.
“Io non volevo farlo il film. Alla fine pensavo: <<Cosa vuoi che ne importi alla gente della mia storia?>>. Mia moglie e il mio manager poi mi hanno convinto. Ero prigioniero della mia timidezza e sentivo di essere inutile per una cosa così grande. Ho pianto come un bambino sentendo la canzone di Diodato perché sono quelle cose che ti toccano profondamente. Ha scritto una poesia”, esordisce così Baggio alla presentazione del film.
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Forse i tanti anni di distanza dai campi e dagli stadi così come da televisioni e polemiche non lo aiutano a rendersi conto di quanto in realtà la sua figura sia ancora fondamentale per il calcio italiano e non solo, per l’immaginario dei tifosi e i ricordi dei più adulti.
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Il Divin Codino riassume così delle tappe salienti: “Non si può immaginare quanti vetri ho rotto nell’officina di mio padre per calciare le punizioni. Il mio sogno, quando sono diventato un professionista, era quello di andare ai Mondiali di Corea e Giappone nel 2002, per cui quando mi sono rotto il ginocchio per la seconda volta, a 35 anni, ho pensato di ritirarmi. Poi passa la rabbia e quando hai delle persone che ti sanno consigliare intorno cambi la tua visione e torna la voglia di rimettersi in gioco per tornare a sognare ancora. La mia vita è molto tranquilla ad oggi, e mi sento molto legato a Mazzone, tra i personaggi del calcio, perché è stato importante. Mi ha recuperato in un momento nel quale non trovavo squadra e si è formato un legame sincero e spontaneo. Per me è stato un secondo padre”.
La chiosa poi sui tifosi, proprio nell’anno in cui gli stadi sono rimasti ancora vuoti a causa della pandemia da coronavirus: “La gente è la parte più sincera del calcio e per questo ho sempre avuto un grande rispetto”.
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