Il nodo rimborsi, però, si aggiunge a quello dei voti truccati su quelle che sono le valutazioni degli arbitri fatti dagli organi tecnici. Una brutta faccenda che ha fatto emergere come non ci sia trasparenza per determinare quelli che devono essere i fischietti che restano nella CAN di Serie A e Serie B. Inoltre, basti pensare a Juventus-Inter o alla finale di Coppa Italia, tanto per fare due esempi: troppe sono le gare messe nel mirino della critica, con direzioni non all’altezza. Si sta mostrando una classe arbitrale con scarsa personalità, con poca capacità di lettura dell’azione, con poca determinazione nelle scelte decisive. A chiudere il quadro ci si mette anche una cattiva gestione dello strumento Var, poco lineare, poco coerente.
Alfredo Trentalange è arrivato a sostituire il regno interminabile di Marcello Nicchi nell’associazione arbitrale. Un’eredità pesante, non facile, minata da subito da tutti questi fattori. Trentalance si è presentato come l’uomo della trasparenza, della chiarezza, della volontà di cambiamento. Qualche passo c’è stato: non basta, però, assolutamente quello che è stato fatto finora. Qualche parola pronunziata qua e là da qualche arbitro in qualche media nazionale, questo gesto di inviare subito gli atti alla Procura federale sul caso rimborsi. La strada è interessante, ma insufficiente.
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Il presupposto dal quale bisogna partire è quello che l’Aia deve essere divisa dalla FIGC. Troppi interessi, molto ingerenze, poca indipendenza: un sistema controverso che peserà sempre su quella che deve essere l’esigenza di un giudice terzo di essere indipendente. Inoltre, e legittimo chiedere che i voti degli arbitri siano resi pubblici: che in qualche caso anche le valutazioni della singola partita siano rese note, spiegate, con la possibilità per il grande pubblico di capire come funziona lo stesso sistema arbitrale. Gli arbitri devono essere resi i professionisti, le società devono mostrare rispetto per professionisti di altissimo profilo: inoltre, ci vuole un dialogo che porti alla maturità che già c’è in altri paesi.