Napoli, Gattuso e i sette giorni “dati” a De Laurentiis

Come in un rapporto di lavoro che termina con le dimissioni: Gattuso dopo la vittoria di Firenze ha dato i 7 giorni a De Laurentiis

Aurelio De Laurentiis ha sette giorni. Quelli che sono rimasti di qui al termine del campionato, gli stessi che domenica sera potranno vedere il Napoli entrare aritmeticamente in Champions League. Una corsa lunga, celebrata dal patron azzurro con qualche tweet qua e là, messa in piedi da Rino Gattuso e dalla squadra con un girone di ritorno che potrà coronarsi con 45 punti conquistati.

Una proiezione che porterebbe il prossimo anno il Napoli ad immaginarsi a 90 punti, gli stessi che potrebbero essere sufficienti a lottare per lo scudetto. De Laurentiis, stando a quello che raccontano le cronache, dallo scorso gennaio non ha più toccato il punto del nuovo con il suo attuale allenatore. Rino Gattuso dialoga con il suo presidente, scherza, sorride, accetta: e non solleva col suo datore di lavoro la questione della sua permanenza a Napoli.

Gattuso, però, è conscio dell’impresa che sta portando a termine, sbattendo fuori la Juventus dalla prossima Champions League. Durante i mesi difficili, quelli connotati dagli infortuni, dalle difficoltà di assemblare un 11 che potesse scendere in campo con la giusta quadra tattica, in tanti hanno avuto qualche perplessità sulla capacità di Gattuso di guidare e gestire il Napoli. Non nego, io in primis, di essere stato scettico in qualche circostanza, di avere qualche dubbio sulla capacità di questo allenatore di rimettere assieme i cocci.

Trattative e segnali

De Laurentiis fermò bruscamente le trattative per il rinnovo già scritto, impedì agli avvocati di formalizzare, chiuse tutto in un cassetto iniziando le proprie consultazioni per un nuovo allenatore. Tutto legittimo, assolutamente nella norma del mondo del calcio. Ma questo sport è ancora più degli altri che materia fluida, che vede cambiare i propri equilibri, riposizionando lì in complicati incastri che prima neppure si potevano immaginare. Ci sono due esempi che mostrano più degli altri come il Napoli alla necessità di andare avanti con Rino Gattuso: la crescita e la contestualizzazione tattica di Victor Osimhen ed il rendimento di giocatori in scadenza come quello di Elseid Hysaj. Questi ragazzi sono cementati attorno al proprio allenatore, hanno trovato in Gattuso quello che per certi versi è stato Maurizio Sarri: una guida, un trascinatore, prima ancora che un tecnico.

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De Laurentiis teso
Aurelio De Laurentiis (Getty Images)

Gattuso-De Laurentiis: il futuro in un passo. Indietro.

Quello che De Laurentiis ha in mente, ormai è chiaro a tutti, è un Napoli ancora più forte, più pronto a lottare per traguardi prestigiosi. Questo è il motivo per il quale sembra essere corsa a due tra Luciano Spalletti e Massimiliano Allegri per la panchina del Napoli. In un momento nel quale Inter e Juventus, forse, potrebbero essere costretti a tirare i remi in barca, il Napoli vuole esserci. De Laurentiis vuole essere presente. La domanda da porsi, però, è molto semplice: serve un nuovo allenatore per guidare questo gruppo verso lo scudetto?

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Dopo aver visto la partita di Firenze, chi sa di calcio è ben conscio che la risposta, è una: no. Perché una partita come quella contro la Fiorentina, un altro Napoli non l’avrebbe vinta. Questo è un Napoli determinato verso l’obiettivo, è un gruppo che ha trovato la sua compattezza, ha trovato il suo orgoglio, il suo carattere, la sua dimensione attorno ad un uomo che si chiama Gennaro Gattuso.

Allo stesso tempo, è giusto dire che un’altra chimica si può creare, non solo con Allegri con Spalletti: anche, ad esempio, con Dionisi o Italiano. Il rischio, però, di trovarsi con un pugno di mosche in mano o con problemi equipollenti a quelli della gestione Ancelotti è piuttosto alto. Si pone, allora, il secondo interrogativo: perché rischiare?

De Laurentiis, allora, ha 7 giorni per chiudere una trattativa con Gattuso e mettere in chiaro il futuro del Napoli. Farlo dopo il raggiungimento dell’obiettivo Champions sarebbe inopportuno, ingiusto ed esporrebbe il presidente azzurro anche ad un giustificato rifiuto da parte di un allenatore che sarebbe consapevole di aver fatto una grandissima impresa, anche senza il giusto supporto della propria società.

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