Commisso cerca di proteggere la Fiorentina: dopo una nuova stagione deludente non bastano gli attacchi. Servono atti concreti
Ha rispettato le attese la lunga e colorita conferenza stampa di Rocco Commisso. Con lo slang tipico dell’italo-americano, con una mimica di trumpiana memoria, con frasi ad effetto che hanno regalato titoli su titoli. Il presidente della Fiorentina si è scagliato contro i giornalisti, non è stato tenero con la piazza di Firenze, ha ottenuto tanto spazio sui media. Ascoltando e riascoltando, focalizzando l’attenzione sui concetti, francamente sembra esserci poca carne e molto fumo. Il progetto della cittadella viola è sicuramente bello, intrigante, stuzzicante, all’avanguardia. Il contributo, però, di Commisso alla Fiorentina non può limitarsi alle infrastrutture. Così come il confronto non può limitarsi ai ‘vaffa’.
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Dopo l’ennesima stagione deludente, il patron della Fiorentina dovrebbe guardarsi molto bene dallo scagliarsi contro la stampa e contro chi ogni giorno vive e racconta la Viola. Sia chiaro, non si tratta di una difesa corporativa. Un giornalista che segue una pista di mercato ha il dovere, non solo il diritto, di provare ad informare su quelle indiscrezioni. Il calciomercato cambia sentieri in un attimo: troppo facile, dopo, per qualche protagonista parlare di fake news. Commisso, che conosce bene questi meccanismi, avrebbe fatto bene ad evitare quello sproloquio sul caso Sarri.
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Quello che il patron gigliato deve fare è davvero molto semplice. Vuole un allenatore vincente? Bene, gli metta a disposizione una squadra pronta a vincere, lo circondi con un’area tecnica pronta a far fare il vero salto di qualità alla Fiorentina. Il tempo delle promesse, delle chiacchiere, delle idee, delle speranze è finito anche per Rocco Commisso.
Non basterà Rino Gattuso o un altro allenatore egualmente importante a far fare quello step necessario alla Fiorentina per tornare ad essere quella squadra che veleggi stabilmente nelle zone che contano della classifica. Ed il segnale legato al rinnovo di Vlahovic (“Ne parliamo a fine stagione”) non è quello che serve per creare i giusti presupposti. Bisognerebbe partire da un “Dusan resta. Il progetto riparte da lui”, così come sostiene costantemente il Dortmund con Haaland. Da un grande imprenditore, è lecito aspettarsi qualcosa di diverso che un braccio teso per mandare a quel paese chi fa solo il suo lavoro.
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