Sandro Corapi, mental coach, è stato intervistato da SerieANews dove ha analizzato il momento degli allenatori italiani in Serie A
La figura del mental coach è ormai una figura fondamentale nel mondo del calcio. In periodo Covid lo è ancora di più, perché le squadre più importanti, tra le varie coppe e campionato, sono costrette a giocare ogni tre giorni.
Nella lista dei più importanti mental coach presenti in Italia sicuramente c’è Sandro Corapi. Corapi collabora con diversi calciatori, allenatori e società. A settembre scorso ha pubblicato il libro ”Nella testa del campione”, con prefazione di Simone Inzaghi. Sandro Corapi, è stato intervistato da SerieANews.com
L’Inter è saldamente prima in classifica, quanto vede nella squadra il carisma di Conte e se questo carisma dopo un po’ può stancare i calciatori?
”Un calciatore rifiuta a prescindere i continui richiami. Conte ha un grande carisma, una grande personalità e una storia e tutto questo incide sulla testa dei calciatori. L’uscita prematura dalla Champions è stato un duro colpo, ma da lì si sono messi tutti in discussione. La comunicazione di Conte era diversa prima dell’eliminazione e lasciava alquanto desiderare. Poi, da persona intelligente qual è, si è messo in discussione e ha cambiato il proprio approccio e questo si riflette anche sui calciatori che stanno andando a mille”.
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Come valuta il primo anno di Pirlo? E’ l’uomo giusto per una squadra top come la Juventus?
”Come allenatore, dal mio punto di vista, sta facendo molto di più di quello che si potesse aspettare. Non è facile guidare una squadra forte come la Juve senza esperienza. I risultati di Pirlo sono sottovalutati. Non sbaglia neanche dal punto di vista comunicativo, ovviamente paga quegli aspetti che solo l’esperienza ti permette di limare. Ricordiamoci le difficoltà che avuto Sarri, nonostante la vittoria dello Scudetto. In campionato i bianconeri si riprenderanno proprio come ha fatto l’Inter dopo l’uscita dalla Champions. La dirigenza continuerà a puntare su Pirlo perché erano consapevoli di un vivere un anno di transizione”.
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A Napoli tra Gattuso e De Laurentiis c’è stata più di qualche incomprensione, dal punto di vista comunicativo il tecnico fece bene ad esternare alle tv la sua delusione sui presunti contatti tra il patron ed altri allenatori?
”Non è corretto sbandierare davanti alle tv determinate situazioni che andrebbero risolte all’interno della società. Pur conoscendo e apprezzando la sincerità di Gattuso, ma certe esternazioni vanno rivolte a chi di dovere, evitando così che possano saltare determinati equilibri. Gattuso, prendere o lasciare, non ha peli sulla lingua, ma ogni tanto bisognerebbe tagliarseli questi peli. Entrare nella testa dei giocatori non è assolutamente facile, per questo una figura come il mental coach è fondamentale per una squadra. L’allenatore non ha tempo, e neanche le competenze, per svolgere il lavoro di un mental coach. l’Italia è un paese retrogrado da questo punto di vista”.
Gattuso ha sempre ripetuto che la squadra non annusa il pericolo, cosa può fare un allenatore per entrare nella testa dei propri calciatori?
”I pensieri di un allenatore incidono sulla testa e sui muscoli dei calciatori. Quando un tecnico afferma che ha una squadra debole mentalmente, se la sta prendendo con se stesso perché la squadra deve somigliare a lui. Troppe stimolazioni alla squadra possono portare anche degli effetti negativi, soprattutto se i risultati non dovessero arrivare. Bisogna lodare in pubblico e riprendere in privato. Un calciatore, che ha la responsabilità di farsi trovare pronto, se sente la fiducia dell’allenatore dà molto di più”.
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Il Milan è uscito dall’Europa League e ha rallentato in campionato, ma l’impronta di Pioli sulla squadra è evidente. Come valuta il suo lavoro nel club rossonero?
”E’ la consacrazione di un professionista. Pioli è stato un grande e si è messo in discussione, riuscendo a compattare la squadra e i risultati sono arrivati. Questa è la bravura di un allenatore: non farsi condizionare dagli eventi esterni, anzi li determina lui. Pioli si è dimostrato un allenatore di professione”.
Lei ha pubblicato il libro ‘Nella testa del Campione’ con prefazione di Simone Inzaghi. La trattativa bloccata tra Inzaghi e la Lazio per il rinnovo sta incidendo sul rendimento della squadra?
”Come hanno esternato sia il presidente che il tecnico il rinnovo del contratto è solo questione di tempistica. Non penso che una firma per un rinnovo possa incidere sulla prestazione perché le priorità sono altre. Quando si scende in campo i calciatori devono dare il 100%, visto che sono dei professionisti. La Lazio sta svolgendo una buona stagione, mentre in Champions è stata sfortunata a pescare il Bayern”.
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I calciatori, a causa della Pandemia e del conseguente calendario fitto di impegni, stanno giocando ogni tre giorni. Hanno bisogno di supporto? Ha ragione Agnelli quando afferma che i calciatori sono stressati?
”Ogni calciatore ha bisogno di supporto. Il mental coach ottimizza le prestazioni dell’atleta. Molti giocatori non sanno come preparare una partita ed è qui che entra in gioco l’allenatore. Ma un tecnico non può curare ogni aspetto di una gestione di un gruppo, perciò mi batto per la presenza di un mental coach in ogni squadra. Il calcio italiano è malato perché ci sono tanti allenatori che non sanno comunicare e rovinano le carriere dei giocatori, soprattutto nei settori giovanili. Un tecnico deve essere un educatore. Ho creato anche un app ‘Mental Calcio’ dove parlo di queste dinamiche. Lo stress mentale è galoppante in questo periodo e di conseguenza ci sono molti più infortuni muscolari. La serenità è la cosa più importante nella mente di un giocatore”.
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Il calcio sta cambiando in tantissimi aspetti. Questi cambiamenti sono dovuti anche ai social, ma come hanno cambiato la mentalità dei calciatori e degli allenatori? Quali devono essere le caratteristiche di un allenatore vincente?
”I social sono una vetrina, ma sono seguiti da agenzie preposte. I tifosi ti amano quando le cose vanno bene, mentre ti attaccano quando le cose vanno male e bisogna essere molto forti mentalmente per gestire il tutto. Ho fatto una statistica che un calciatore, in media, è sui social 7/8 ore al giorno e così limitano la propria crescita. Un allenatore vincente deve essere un bravo comunicatore, deve interpretare e leggere l’emozioni di ogni singolo calciatore e d’incidere per quello che può fare. Il tecnico deve far rendere un calciatore molto di più rispetto a quanto lo stesso calciatore pensasse”.
Dopo che la Roma è rimasta l’unica squadra italiana nelle competizioni europee, ci sono state tantissime critiche sul calcio italiano. Quali differenze riscontra, soprattutto dal punto di vista degli allenatori, con i campionati esteri?
”Nei campionati esteri, a prescindere dalla vittoria e dalla sconfitta, non c’è l’attacco mediatico che c’è in Italia. Da noi il calcio è fondamentale, essendo anche tra le industrie economiche più importanti, ed è chiaro che c’è una pressione mediatica non indifferente e ogni allenatore ne risente”.
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