Dopo l’addio dell’Inter nella fase a gironi, lasciano la Champions anche Juventus, Atalanta e Lazio: Gravina intervenga, subito
Puntuale arriva il tweet dell’account statistico Opta, al fischio finale di Bayern-Lazio, quello che certifica la crisi del nostro calcio, quello che dimostra come ci sia tanto da lavorare.
Per la prima volta, dopo cinque stagioni, nessuna italiana tra le prime otto d’Europa. Lì dove ci sono, invece: Porto, Borussia Dortmund, Liverpool, Psg, City, Real Madrid, Chelsea e Bayern Monaco. Sono rappresentati 4 dei 5 principali campionati: quello francese, quello inglese, quello spagnolo e quello tedesco. C’è. poi, una squadra portoghese: una nobiltà mai realmente decaduta.
Manca, invece, la portabandiera italiana. Mancano, soprattutto, squadre come Juventus ed Inter: Lazio ed Atalanta hanno fatto un discreto percorso, non c’è tantissimo da addebitare a due compagini che possono fare la voce grossa in Serie A. Però, poi, in Europa scoprono il distacco con il football di livello alto, quello strutturato per certi livelli e gli ottavi si traducono in gare senza storia, senza un sussulto.
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Nelle scorse ore vi abbiamo rappresentato in queste righe, lo stato quasi comatoso del calcio italiano in Europa. Soprattutto nell’Europa che conta, quella della Champions. Due finali perse da una Juventus che, con Allegri, giocava all’italiana: Max mandato via per un calcio di respiro continentale, con il risultato che la Juve ora affanna anche in Italia.
Manca una rivoluzione culturale per dare all’Italia nuovo slancio. Il calcio italiano è rappresentato da mendicanti di fondi, da presidenti che hanno come unico obiettivo i diritti tv. Manca una visione d’insieme: poi, ci si lamenta che arrivano troppi stranieri, che la Serie A non è attraente. Lo capisce un bambino che il sistema è marcio, corroso da una mentalità che ci fa arretrare ogni anno di più.
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Paolo Dal Pino, presidente della Serie A, è stritolato da battaglie che lui stesso ha aperto: molti club supplicano per la sopravvivenza. Gabriele Gravina, numero uno della Figc, ha il dovere di intervenire. La Serie A è il motore economico del calcio e dello sport italiano, il volano che può far crescere tutto il sistema. Se rallenta la locomotiva, i risultati, però, possono esser (sportivamente) drammatici.
Gravina deve segnare una strada, non si deve accontentare della rielezione. Deve agire: ora e subito per il bene di tutto il movimento. Vivai, valorizzazioni, impianti, nuova campagna di avvicinamento al calcio. Serve tutto, a patto che non le solite parole vuote: ne abbiamo le scatole piene di programmi non rispettati, anzi neppure iniziati. C’è bisogno di un piano Marshall immediato: magari con il neo-sottosegretario allo Sport, Valentina Vezzali. Bisogna innalzare subito il livello medio della Serie A, conferendo alle squadre incentivi per acquistare giocatori giovani e di statura internazionale (più Sané, meno Ronaldo, per intenderci). Servono le leggi sugli impianti subito: il Real ha “sfruttato” la pandemia per rifare il Bernabeu, dimostrandoci il nostro medioevo sportivo culturale.
Il rinascimento del calcio italiano passa da atti rapidi, certi: finanziari, sportivi e infrastrutturali. Basta pensare solo a salvare i bilanci: fallisca chi è tenuto in vita artificialmente, basta giochi di plusvalenze, si premi chi valorizza il talento. Le ricette sono lì, non ci vuole un modesto giornalista come chi scrive per vederle: le osservi Gravina ed intervenga, prima che la locomotiva si fermi.
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