La Serie A continua a raccogliere magre figure in Champions League: il calcio italiano uscirà dalla crisi quando si renderà conto di essere, semplicemente, inferiore
Una premessa doverosa: l’Atalanta ha fatto già molto più del dovuto. Sarebbe ingiusto criticare un club autore di un miracolo sportivo e in grado, nella scorsa stagione, di sfiorare una semifinale di Champions contro i giganti del PSG, dopo aver rifilato otto gol al Valencia. Per carità. Quanto accaduto ieri al Di Stefano, però, è un piccolo sintomo dei mali enormi che affliggono il nostro calcio sempre più chiuso, accartocciato su sé stesso.
Gian Piero Gasperini ha scelto di lasciare fuori dal suo undici titolare due uomini chiave come Zapata e Ilicic. Dopo la partita, ha candidamente ammesso che il suo piano gara era quello di giocarsela al 100% nel secondo tempo, menzionando addirittura i supplementari. Ha dimenticato che davanti non c’era un avversario qualsiasi, ma il Real Madrid. Rispetto ai club del nostro campionato, i blancos abitano non in un pianeta diverso, ma in una galassia lontana.
Il tecnico orobico ha pensato di gestire le forze e il risultato è stato eloquente: 150 minuti con un solo tiro nello specchio. L’espulsione di Freuler ha condizionato pesantemente la gara d’andata, certo, ma il ritorno ha confermato i sospetti dei primi 17 minuti al Gewiss Stadium. Non c’è mai stata partita, nemmeno in parità numerica.
I blancos, con serenità, hanno concesso qualcosa soltanto a qualificazione acquisita. Appena la Dea ha tirato la testa fuori dal sacco con Muriel, però, hanno risposto immediatamente con Asensio, che ha aggiunto un altro “è finita” alla sua collezione.
Perché, dunque, rinunciare ai due calciatori più talentuosi e decisivi presenti in rosa? Probabilmente, per una questione di presunzione, un discorso che non riguarda soltanto Gasperini. Il calcio italiano è ancora convinto di vivere negli anni ‘90, quando era nettamente il più bello e potente del mondo. Ma la realtà è diversa.
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La Serie A da oltre un decennio in Champions League fa solo collezione di figuracce, ed è meglio stendere un velo pietoso sull’Europa League. Quanto accaduto alla Juventus con Cristiano è la cartina al tornasole del movimento. La Vecchia Signora, che con Allegri aveva sfiorato (due volte) il trionfo europeo, credeva di poterlo finalmente raggiungere semplicemente strappando al Real il suo cannoniere. Ha raccolto tre umilianti eliminazioni contro Ajax, Lione e Porto: praticamente, è andata assai peggio di prima.
Se i bianconeri piangono, il resto non ride di certo. L’Inter dominatrice in Serie A ha chiuso all’ultimo posto nel suo girone, la Lazio si è fatta strapazzare dal Bayern, il Napoli è caduto con un Granada rimaneggiato e in crisi… Per dare dignità al nostro movimento dobbiamo aggrapparci a Milan e Roma, due club (non a caso) con una vocazione internazionale. I rossoneri hanno l’Europa nel dna, i giallorossi un tecnico straniero, che sa dare il giusto peso a questo tipo di appuntamenti.
Per uscire dal tunnel bisogna innanzitutto ammettere di essere inferiori, di avere problemi enormi rispetto a Premier (non abbiamo i suoi soldi), Liga (non abbiamo la sua scuola tecnica) e Bundesliga (non abbiamo la sua visione di sistema), che non si risolveranno (mai!) col calciomercato. Dovremmo soprattutto iniziare a smettere di tirarcela e fare un enorme bagno d’umiltà. Manca una visione d’insieme, di movimento. Se i presidenti dei club di Serie A iniziassero a pensare più al sistema e meno al loro orticello sarebbe già un ottimo inizio. Anche perché se il sistema non funziona, alla lunga, ci perdono tutti. Loro in primis.
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Bisogna ripartire da una riforma radicale dei settori giovanili, dalle strutture, dagli stadi. Dai giovani, soprattutto loro. Ieri Gabriele Gravina, in un’intervista a ‘Metropolis’, ha spiegato come il calcio italiano abbia perso nell’ultimo anno 200.000 giovani tesserati. Dovremmo preoccuparci di questo, non del fatto che Cristiano voglia già scappare da Torino. Perché tra quei 200.000, magari, un nuovo Ronaldo è pronto a sbocciare.
Sembra retorica, lo so, ma le basi da cui ripartire sono queste, non il player trading. I campioni torneranno, ma devono essere il frutto di un movimento sano e non possono crearlo loro, il movimento. Finché non lo capiremo, continueremo a raccogliere figure magrissime in Europa e ad incassare le prese in giro di spagnoli, tedeschi ed inglesi. La Serie A merita di meglio e può riprendersi il posto che le spetta. Deve soltanto volerlo.
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