Pirlo ha distrutto Dybala perché lo costringe a giocare lontano dalla porta. La Juventus scelga tra continuare con il Maestro o puntare sulla Joya.
La prestazione in Champions contro il Ferencvaros è stata deprimente: inutile girarci attorno. Paulo Dybala è la Joya: è l’Eletto per dirla alla Adani. Dybala è tante cose, ma non è certo quel giocatore che sostanzia la sua gara in una conclusione scialba e controllata, perfino, dal portiere magiaro che avrebbe difficoltà (con tutto il rispetto) a trovare squadra in quarta serie in Italia. E pensare che l’argentino giochi così lontano dai suoi standard per un rinnovo che non arriva, significa offendere la professionalità e la signorilità dell’uomo prima e dell’atleta poi.
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Il Covid, gli altri problemi fisici non possono essere l’unica spiegazione per questi numeri: 389 minuti giocati, un gol ed una valanga di insufficienze sui giornali, pienamente giustificate. Lo sguardo contrito, la palla persa con la Lazio che valse il pareggio di Caicedo nel finale come simbolo. La sensazione è netta: Pirlo ha distrutto Dybala in questo inizio di stagione. E se le cose andranno avanti così, la Juve dovrà scegliere tra il Maestro e la Joya. La heat map registrata dal portale specializzato sofascore.com sui movimenti dell’argentino è estremamente esemplificativa:
Le zone con il rosso più intenso sono quelle dove Dybala è stazionato per la maggior parte del tempo di permanenza in campo. Quelle gialle intense dove la presenza è stata discreta, quelle con il giallo sfumato sono quelle dove è transitato per un periodo limitato di secondi durante il match. Di fatto, Pirlo ha chiesto a Dybala di fare l’interno di centrocampo, con la possibilità di sganciarsi talvolta a ridosso dell’area. La Joya non ha fatto intensità in area, parte dal centrodestra.
Per intenderci, l’intensità di Sergej Milinković Savic, che di ruolo fa proprio l’interno di centrocampo, è molto più intensità nei pressi dell’area di rigore. La valorizzazione del miglior giocatore della passata stagione della Serie A non può che essere uno dei punti principali dell’upgrade che Andrea Pirlo deve fare nel suo percorso da allenatore. Perché senza qualità, senza classe, come dimostra l’Inter di Conte e di Eriksen, non si va da nessuna parte: né in Italia, né soprattutto in Europa.
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