Mkhitaryan alla Roma e Calhanoglu al Milan fanno pensare che sta tornando il numero 10.
Non è il lavoro di Baggio, Mancini, Maradona o Platini, è una versione diversa, moderna ma la funzione è simile: porsi tra le linee, “legare” il gioco, avere le intuizioni per dare spessore alla proposta offensiva negli ultimi venti metri. Nel calcio posizionale tutto è diventato più fluido nell’interpretazione dei ruoli.
Alla Juventus ci sono addirittura tre giocatori che possono muoversi da numero 10, al Napoli Insigne ha le attitudini del trequartista ma ama partire dalla fascia sinistra, all’Atalanta lo fa il Papu Gomez ma muovendosi a tutto campo alla De Bruyne, all’Inter il 10 c’è, si chiama Eriksen forse è anche il più “puro” ma non riesce ad entrare nelle idee tattiche di Conte.
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La Roma per anni ha avuto in Dzeko la “keyword” del suo gioco, stavolta lo scettro è condiviso con Henrikh Mkhitaryan che nel contesto della serie A rappresenta l’immagine più chiara del numero 10 moderno.
Nel magico calcio degli anni ’80 il 10 aveva le caratteristiche di chi spesso abbassava i ritmi, raccoglieva palla e faceva poesia strappando delle porzioni di gioco alla contrapposizione tattica per metterci la magia, perciò spesso erano gli uomini più determinanti.
Il 10 moderno è un’altra cosa: sta dentro la visione frenetica della gara, anzi è colui che alza il ritmo, cambia il passo della proposta offensiva, accelera la ricerca della giocata aggiungendoci ovviamente tanta qualità.
Mkhitaryan fa tutto questo, lo dimostrano i numeri: viaggia alla media di 1,92 passaggi-chiave a partita (quelli che mettono i compagni di squadra in condizione di essere pericolosi), 2,4 tiri, 1,2 cross, vince 14 duelli, realizza 3 dribbling e non si tira dietro neanche nei duelli aerei (2,1 a gara).
Finora l’armeno è il trequartista più prolifico della serie A con 5 gol realizzati, gli stessi di Joao Pedro che, però, approfitta anche dei calci di rigore.
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Calhanoglu è più vicino ai trequartisti del passato come impostazione tattica, ama porsi come riferimento, nel gioco di Pioli è fondamentale perchè ha le qualità per legare il gioco, trascinare la prima costruzione del gioco nella metà campo avversaria.
L’accordo per il rinnovo del giocatore turco non c’è ancora, la Juventus sogna il colpo a parametro zero immaginando la coppia con Demiral e i numeri danno ragione ai pensieri di Paratici.
Calhanoglu è molto presente nel gioco del Milan, anche nella gara vinta a Napoli dopo Theo Hernandez è il giocatore che ha realizzato più passaggi. Il turco ha viaggiato a quota 37 su 43 con la media dell’86% dei tocchi riusciti a favore di un compagno.
2,2 passaggi-chiave a partita, 2,9 tiri, 1.29 cross, 12 duelli, 2,4 duelli aerei e 2,5 dribbling, da questi dati emerge la mole di lavoro che Calhanoglu mette al servizio del Milan.
Il numero 10 rossonero ha nel dna la velocità di pensiero, d’esecuzione e la sensibilità tecnica di giocare ad uno-due tocchi, le caratteristiche che devono appartenere ad un trequartista moderno.
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Che sia 4-4-2 o 3-5-2, la Juventus di Pirlo ha sempre previsto un uomo tra le linee, addirittura a Cesena contro lo Spezia lo fece McKennie con le caratteristiche del cursore che attaccava lo spazio arrivando dalle retrovie a supporto degli attaccanti.
La Juventus tra le linee ha diverse soluzioni: il trequartista più puro è Aaron Ramsey, in Ungheria contro il Ferencvaros Rabiot faceva il “lavoro sporco” e il gallese aveva la licenza di muoversi a supporto della proposta offensiva.
Kulusevski anche ama muoversi tra le linee ma lo fa in maniera diversa dai suoi compagni. Non è un “professionista del gioco sul corto”, ama strappare porzioni di campo con la capacità di determinare l’occupazione degli spazi. Lo svedese interpreta il ruolo in maniera diversa, parte dall’esterno, viene dentro al campo e incide tanto: ha già realizzato 2 gol in 9 presenze.
Pirlo oggi ha parlato del progetto tridente Morata-Cristiano Ronaldo-Dybala, in questa tentazione che ha spesso tormentato le conferenze stampa di Sarri proprio Dybala potrebbe muoversi da 10, con la libertà di occupare un fronte più ampio con Morata che agisce da centravanti e Cristiano Ronaldo che presidia gli ultimi trenta metri per godersi la licenza di poter puntare sempre la porta.
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