Da quando è arrivato alla Fiorentina, Frank Ribery ha fatto parlar di sé non solo per il talento: una domanda è ricorrente
Non sono tutti Zlatan (o CR7) perché non basta avere talento ed essere professionisti per fingere disinteresse verso il tempo che corre. Ibra, 39 anni, è ancora padrone della sua carriera. Segna, corre, pressa, si diverte. Ogni tanto si ferma, come col Napoli, ma sa gestire i ritmi del suo fisico e in campo riesce a fare la differenza. Identico discorso per Ronaldo. Non vale lo stesso per un altro campione, uno che in carriera ha vinto anche più dello svedese: Frank Ribery.
Due anni in meno, 37, e un talento ormai condizionato dal corpo, dai segni dell’età. La sua seconda stagione alla Fiorentina – dopo l’episodio del furto in casa e le minacce di addio – ha evidenziato, ancora una volta, tutti i limiti fisici del francese, vittima troppe volte di stop ai quali badare. L’ultimo col Benevento. L’ennesimo. Sempre alla caviglia, che lo tormenta dallo scorso anno.
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Commisso aveva puntato su Ribery per accendere il Franchi con un campione (si pensava) senza tempo, capace di illuminarsi anche al tramonto della sua carriera. In realtà è successo, ma poche volte. Raramente. Di Ribery ci si ricorda per il gol splendido alla Lazio, per la partita super contro l’Inter e per poche altre partite in cui ha lasciato il segno con la sua immensa classe. Tra una perla e l’altra, gli infortuni. Le assenze.
Le statistiche sono chiare: il francese, lo scorso anno, ha saltato 17 partite complessive, è rimasto a lungo fuori per l’operazione alla caviglia che lo ha costretto a fermarsi da dicembre fino al rientro in campo post pandemia. Quest’anno Ribery ha saltato, per problemi fisici, la gara contro l’Udinese, prima di arrendersi all’ennesimo fastidio contro il Benevento.
Quando era in campo, pagando difficoltà collettive, Ribery ha inciso solo in parte: 3 gol e 3 assist lo scorso anno, 2 assist a San Siro in questa stagione. La sua più bella partita, forse, da quando è a Firenze. Ma ce ne sono state tante altre in cui il francese è rimasto ai margini della cronaca, pur viaggiando con la palla sempre incollata al piede, pur facendo sempre la scelta giusta, pur dimostrando, anche da fermo, che la classe sarà immortale e ha arricchito una carriera straordinaria.
Ma Firenze voleva godersi il presente e i suoi numeri non giustificano, al momento, l’investimento della proprietà, che gli ha garantito uno stipendio da 4 milioni all’anno convinta di poter ripartire dal campione francese per inseguire l’Europa. La domanda sorge spontanea: ne è valsa la pena?
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