Mario Savo, Presidente dell’Associazione Italiana Analisti di Performance Calcio (AIAPC) pochi anni fa ha battuto la concorrenza di centinaia di colleghi vincendo, col suo team, un concorso lanciato dal Manchester City di Guardiola.
Un obiettivo raggiunto dopo aver proposto ai Citizens un nuovo modello di analisi della performance calcistica. La sua analisi del calcio sotto un diverso punto di vista, non ancora pienamente sviluppatosi in Italia, deriva da studi scientifico-matematici e consente ai club di mettersi nelle migliori condizioni fisiche e tattiche per battere l’avversario.
Affidandoci alle sue conoscenze tattiche del gioco, gli abbiamo chiesto di aprirci le porte sul mondo dell’analisi calcistica e, nello specifico, ci ha analizzato due realtà come Juventus e Atletico Madrid; squadre che martedì si sfideranno nel ritorno degli ottavi di finale di Champions.
Cosa servirà ad Allegri per eliminare il Cholo? Mario ha provato a spiegarcelo.
- Mario tu sei un Match Analyst, come spiegheresti questa figura e il suo ruolo ad un non esperto del settore?
Il Match Analyst è uno dei ruoli emergenti nel mondo del calcio dove sicuramente la tecnologia e lo studio del dettaglio avranno sempre una funzione più importante negli anni a venire. Il Match Analyst è una figura del tutto ibrida, non è un allenatore di calcio, non per forza deve esserlo, infatti può anche non esserlo; sostanzialmente, è un ricercatore e un operatore dell’informazione, si occupa di far girare, sviluppare e tirare fuori informazioni utili a tutti analizzando dati di diverso genere. Essenzialmente il Match Analyst analizza elementi di natura tattica, fisico-atletica e psicologica di ogni singolo giocatore e poi dati tecnici della squadra nel suo collettivo. Insomma, è uno studio sia tattico sia qualitativo che quantitativo, infatti ha un duplice ruolo. Mi piace pensare che il Match Analyst sia un Performance Analyst che si occupa di analisi a 360 gradi utili allo staff tecnico, alla direzione sportiva, allo staff medico, insomma un membro a tutti gli effetti dello Sport Science Department di un club.
- Inoltre recentemente, grazie all’importante battaglia portata avanti dall’AssoAnalisti AIAPC (www.assoanalisti.it), l’Associazione dei Match Analyst italiani di Calcio, che tu rappresenti in qualità di Presidente nazionale, il ruolo è stato aperto anche ai non allenatori e per diventare Match Analyst non c’è più bisogno per forza di frequentare il neonato Corso specifico della FIGC. È vero?
Esattamente. In seguito ad un lungo iter legale, abbiamo vinto una importante battaglia e raggiunto uno degli obiettivi principali dell’AssoAnalisti AIAPC, ovvero, la possibilità, anche per coloro che non sono in possesso di alcun patentino UEFA da allenatore, di potersi formare e certificare come Match Analyst e di poter essere tesserati da un club in qualità di Match Analyst in FIGC. Una importante decisione dell’Antitrust della scorsa estate, confermata negli scorsi mesi anche dal Tar, ha costretto la FIGC alla modifica del regolamento circa l’inquadramento e il tesseramento di tale ruolo, sanzionandola per oltre 3 milioni di euro per limitazione alla concorrenza nell’accesso al mercato del lavoro per quanto riguarda il Match Analyst. Il nuovo regolamento FIGC permette a chiunque di poter studiare per diventare Match Analyst, ma la novità fondamentale riguarda il fatto che potranno essere tesserati in FIGC da un club calcistico anche i Match Analyst certificati non dal Corso FIGC per Match Analyst, ma da Corsi organizzati da altri enti e/o aziende private. Insomma, tutti i Corsi hanno esattamente la stessa valenza. Noi come AIAPC riconosciamo infatti diversi Corsi di formazione (oltre che ovviamente quello della FIGC), in quanto sono tutti Corsi che negli scorsi anni hanno certificato la maggior parte dei professionisti operanti attualmente nel nostro Paese e all’estero presso club rinomati (quello della Federazione è infatti l’ultimo Corso nato in ordine temporale) e ne patrociniamo in particolare uno, il LongoMatch (http://www.elitefootballcenter.com/prodotto/longomatch-fast-track/), in quanto è l’unico, organizzato da una delle aziende più famose al mondo, basato su un software di base gratuito, che ci permette di fare formazione e diffondere la disciplina in Italia, senza costringere nessuno studente a dover acquistare per forza un software a pagamento per poter esercitare la professione. Una professione dunque aperta a tutti, un Calcio accessibile a tutti.
- Tatticamente parlando, è vero che il nostro calcio è il più difficile e al contempo “allenante” del mondo?
Sicuramente il nostro sistema calcistico, nel quale l’area tattica è particolarmente sviluppata, è di ottimo livello, dato che abbiamo alcuni dei migliori allenatori al mondo e una scuola allenatori che ha ottenuto grandi riconoscimenti nel passato e che continua ad essere una delle più apprezzate al mondo. Dal punto di vista tattico, la Serie A, è un campionato molto sfidante per i calciatori che vengono a giocare in Italia e anche per gli allenatori. Purtroppo da qualche anno i fondamentali tecnici vanno sempre di più peggiorando e questo denota una importante pecca del nostro sistema calcistico, motivo per il quale dovremmo investire molto di più nei settori giovanili e insegnare ai ragazzi a dribblare e ad effettuare un controllo di palla orientato, prima di qualunque dettame tattico. I ragazzi si devono divertire prima di studiare la tattica.
- Una squadra tatticamente preparata può esprimere il cosiddetto “calcio champagne”?
Se per “calcio champagne” intendi un calcio esteticamente bello e pregevole assolutamente sì. Un’organizzazione tattica collettiva di una squadra può favorire lo sviluppo di una tipologia di gioco visivamente bella, avvincente e nello stesso momento divertente, dinamica, con un ritmo alto e con molti cambi di fronte.
- Parlando di Juventus, Allegri viene accusato di non essere stato capace di dare un gioco ai bianconeri. È davvero così? Come spieghi le difficoltà di “esprimere gioco” della Juve?
Penso che Allegri sia uno dei tecnici più preparati in circolazione; non è vero che non ha dato un’impronta di gioco alla sua squadra, anzi, credo che sia uno degli allenatori più intelligenti e lo dimostra il fatto che ha vinto tanto non solo perché ha a disposizione delle stelle in rosa, ma perché ha plasmato un collettivo figlio della sua progettualità, della sua idea di calcio. La Juventus è il prodotto ideale della sua filosofia calcistica, ovvero un modello calcistico basato su un non estremo tatticismo ma costruito invece su una grande malleabilità e una grande capacità di saper disporre una squadra in campo e saper adattarsi di fronte ad avversari molto diversi tra loro. Non dimentichiamo che è uno dei tecnici che sa meglio porre rimedio a partita in corso con le sostituzioni e con dei cambi tattici immediati, dote che pochi allenatori hanno. Stimo tantissimo Allegri perché lo ritengo, come già detto, molto intelligente e flessibile.
- Come vedi cambiato il modo di giocare di Ronaldo in bianconero? Ti sembra più “sacrificato” rispetto a come veniva utilizzato a Madrid?
No, assolutamente no. Ricollegandoci al discorso dei grandi tatticismi e delle strutture tattiche che abbiamo in Italia, è chiaro che un Ronaldo fa la differenza, ma ancora di più la fa all’interno di un sistema tattico ben preciso che è, sì dinamico, ma che comunque lo integra all’interno dello stesso, grazie soprattutto alla sapienza di Allegri e alle capacitàtecnico-tattiche dei compagni.
Vedo Ronaldo come un giocatore quasi perfetto, una macchina perfetta per il calcio e lo dimostra in ogni fase del gioco; anzi, rispetto ai suoi anni passati in leghe dove la struttura tattica è meno sviluppata, come giocatore è cresciuto moltissimo perché non gioca per se stesso, ma per la squadra.
- Quale può essere secondo te la chiave tattica, o le chiavi tattiche, della gara contro l’Atletico? Su cosa deve puntare la Juve?
È chiaro che stiamo parlando dell’Atletico Madrid, una squadra, organizzata benissimo, che ha un allenatore che l’ha plasmata a sua immagine e somiglianza. Sicuramente la Juventus dovrà alzare molto i ritmi per sorprendere la squadra di Simeone e dovrà cercare di lasciare l’Atletico sempre scoperto sul lato debole del gioco. La grande difficoltà sarà soprattutto tentare di trovare varchi su una difesa quasi imperforabile; Simeone ha sviluppato la sua squadra su un modello tattico così ben preparato ed organizzato che si muove con una sincronia tale da essere quasi perfetto. Quando si chiude con una linea di difesa e centrocampo molto vicina e che occupa lo spazio centrale del campo diventa quasi impossibile aprire le maglie e avere la possibilità di andare a far goal.
- La difesa di Simeone è davvero così imperforabile?
Più che di difesa parlerei di atteggiamento difensivo. Quello che Simeone è riuscito a fare con l’Atletico Madrid, che tutti chiamano “Cholismo”, è sicuramente uno dei modelli di gioco difensivi più copiati (spesso male!) nell’era moderna. Quest’insieme di principi di gioco hanno fatto storia nel mondo del calcio, fanno scuola attualmente e vengono studiati in tutto il mondo; si basano essenzialmente su una manipolazione dello spazio: quando gli avversari muovono la palla tutti gli 11 giocatori rimangono compatti con linee molto serrate tra difesa e centrocampo. Ogni singolo giocatore della squadra occupa perfettamente il campo e non lascia mai spazio, riesce a scivolare orizzontalmente molto bene e una volta che la squadra recupera palla riesce a ripartire in maniera velocissima e con due passaggi arriva in porta con grande pericolosità.
- Parlando di Napoli, in cosa trovi cambiata la squadra di Ancelotti da quella di Sarri?
Quella di Ancelotti è una squadra con un baricentro un po’ più basso e che gioca un calcio con un ritmo più moderato rispetto a quella di Sarri. Il Napoli ha uno degli allenatori più preparati al mondo, è ben organizzato in campo, più equilibrato di quello di Sarri ma chiaramente esteticamente ruba un po’ meno l’occhio. Questo, ovviamente, non vuol dire che sia una squadra negativa, viste le tantissime critiche che piovono su Ancelotti. Penso che sia una squadra importante e che farà la sua parte in questa stagione anche se davanti trova la Juventus, ma qui parliamo probabilmente di una compagine che disputa un campionato a parte, non soltanto per gli 11 in campo e per la panchina, ma per una struttura e un’organizzazione societaria di livello davvero internazionale.
- Tolte le prime squadre della classifica, delle cosiddette medio/piccole chi ti ha sorpreso quest’anno?
Sicuramente ci sono squadre allenate da allenatori importantissimi che stimo e mi piacciono, tra cui, il Sassuolo di De Zerbi, l’Atalanta di Gasperini, mi piace Giampaolo e la Fiorentina di Pioli. Ci sono allenatori che secondo me hanno un plus, perché conoscono bene il calcio, sono uomini di calcio ma soprattutto perché li vedo sempre molto sul pezzo e amano il proprio lavoro. Penso che ci siano degli allenatori che studiano veramente tanto, che vivano veramente il calcio perché valorizzano tantissimo questo sport e i risultati secondo me si vedono in campo.
Dimentico due allenatori che non ho citato precedentemente, semplicemente perché hanno avuto probabilmente un’annata non troppo semplice, mi riferisco a Di Francesco e a Simone Inzaghi. Credo che siano degli allenatori importanti anche se quest’anno si sono trovati davanti una situazione complicata; ogni panchina ha un ciclo e probabilmente hanno risentito di questo momento ma penso comunque che entrambi siano due allenatori molto validi. A Di Francesco auguro le migliori fortune dopo il termine della sua esperienza alla Roma, lo merita per la professionalità dimostrata in giallorosso e precedentemente a Sassuolo.
- Chiosa finale sull’Atalanta, squadra che da tre anni a questa parte sta raccogliendo grandi soddisfazioni. Cosa ne pensi di questo gruppo?
Secondo me, ripeto, l’Atalanta è una squadra importante allenata da uno degli allenatori migliori che abbiamo in Italia, un lavoratore di un calcio operaio, calcio come sacrificio, come sogno, come passione: Giampiero Gasperini. Mi piace molto quello che è il suo modello di gioco: una squadra che fa pressing a uomo a tutto campo, che gioca con riferimento all’uomo e questa è una cosa fantastica. Se fatta a quei livelli e fatta bene è sicuramente apprezzabile. Penso che l’Atalanta, in Coppa Italia, se la andrà a giocare con una squadra guidata da un altro ottimo allenatore come Stefano Pioli. Per arrivare in finale è pur vero che dall’altra parte ha comunque la Lazio che è un team in grande ripresa dopo il Derby, la cui vittoria ha dato convinzione a tutto l’ambiente, e il Milan di Gennaro Gattuso, che rimane una squadra, se non perfetta tatticamente, in forma e che si trova a vivere un picco di entusiasmo importante dopo le vittorie di inizio anno e il sorpasso sui cugini dell’Inter.
Si ringrazia Mario Savo per l’intervista e la collega Alessandra Pesaresi per la collaborazione
Alessandro Creta