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“Piano, piano l’anno scorso abbiamo sistemato più o meno i numeri e abbiamo fatto delle vendite normali, quelle che io ho pensato essere buone per la società – ha spiegato Monchi – Non ho la bacchetta magica, quello che ho fatto, l’ho fatto sempre nella stesa forma, lavorando con i giovani, ma anche con i giocatori che già sono fatti. Credo che alla fine i tifosi, potranno cominciare a capire quale sia la mia idea. So che il tempo nel calcio a volte non arriva mai. Ma sono convinto, perché so come lavoro io e come lavorano quelli che ho intorno, che abbiamo ragione”. “Quando arriva il mercato, d’estate o d’inverno – ha osservato Monchi – il mondo gira intorno ai direttori sportivi. Tutti aspettano che prenda tre o quattro giocatori e che diventeranno calciatori importanti. Invece per me normalmente il mercato di gennaio non cambia tanto una squadra, è per cambiare delle piccole cose. Se bisogna fare 4 o 5 acquisti, vuol dire che qualcosa si è sbagliato nel mercato d’estate. Mai prendo un giocatore che non vuole l’allenatore e mai prendo un giocatore che vuole l’allenatore e non voglio io. È il mio modo di lavorare, nessuno dei due deve imporre il proprio punto di vista, tutto deve essere condiviso. Sono 16 le persone che lavorano nel mio ufficio, lavorano e viaggiano tanto, non solo Monchi”.
Il direttore sportivo della società giallorossa ha sottolineato che “in Spagna il mercato è importante, ma non diventa una notizia continua. Qui è una notizia non solo ad agosto o a luglio, ma a settembre, ottobre, novembre… quindi è più difficile”. Quanto al suo ruolo Monchi osserva: “Io dico sempre che il direttore sportivo deve avere 3, 4 caratteristiche. Una di queste è capire quando sbaglia e imparare da quello che ha sbagliato. È vero che ho avuto la possibilità di vincere tante cose, ma il giorno dopo sono preoccupato perché non mi fermo mai al successo. Lavoro sempre pensando che domani il successo non arriverà. Quindi ogni giorno provo a dire ‘Dove ha sbagliato Monchi?’. Io non mi nascondo mai, metto sempre la faccia, perché credo sia giusto così. Ho la fortuna, qui a Roma e a Siviglia, di lavorare con autonomia. Quindi, se sbaglio, sbaglio io. Pallotta mi ha detto: ‘Questa è la tua squadra, questa è la tua Roma, tu devi fare questo'”.
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